Ogni anno sono 38.000 in Italia le donne colpite dal tumore al seno,
delle quali circa 3.300 in Campania; fortunatamente sono sempre più numerose le pazienti che vincono la battaglia contro la malattia. Qualità di Vita sempre migliore anche durante le cure, grazie a farmaci innovativi, sempre più efficaci e con minori effetti collaterali, come nabTM paclitaxel, la prima nano-chemioterapia target, che, utilizzando l’albumina come carrier naturale, trasporta il principio attivo direttamente all’interno delle cellule tumorali.
Nutrizionisti, oncologi e cuochi si alleano quindi per la Qualità di Vita delle pazienti e presentano oggi a Napoli Assapora la Vita, una campagna nazionale itinerante promossa in Campania da ALTS (Associazione Lotta Tumore Seno, Napoli) con corsi di cucina, nei quali la tradizione gastronomica italiana si coniuga alle esigenze delle pazienti in terapia.
Napoli, 30 novembre 2011 – Negli ultimi sei anni l’incidenza nazionale del tumore al seno è cresciuta del 13% e purtroppo la Campania non fa eccezione; tuttavia, grazie alla diagnosi precoce e alle terapie innovative, aumentano i casi di guarigione e le prospettive di sopravvivenza, che a 5 anni può arrivare fino al 98%. L’altra buona notizia è che le pazienti beneficiano di una Qualità di Vita sempre migliore, anche grazie alle terapie di ultima generazione come quelle che si basano su sofisticatissime piattaforme tecnologiche e sfruttano innovativi meccanismi d’azione.
Una di queste è nabTM paclitaxel, la prima nano-chemioterapia target per le pazienti con carcinoma mammario avanzato: utilizza l’albumina come carrier naturale, trasporta il principio attivo direttamente all'interno delle cellule tumorali e aumenta la sopravvivenza globale rispetto alla chemioterapia classica, diminuendo sensibilmente gli effetti collaterali. Come spiega Sabino De Placido, Professore ordinario di Oncologia Medica presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, “nabTM paclitaxel sfrutta un meccanismo biologicamente naturale e altamente innovativo per la somministrazione di farmaci: consente infatti che alte concentrazioni di paclitaxel, senza la necessità di solventi sintetici tossici, possano essere veicolate al sito del tumore. Pertanto, nabTM paclitaxel può essere considerato una vera chemioterapia target, ed è un trattamento altamente efficace nel carcinoma mammario metastatico: comparato a paclitaxel disciolto in solvente, ha dimostrato di essere in grado di prolungare in modo rilevante il tempo di vita, sia rispetto alla progressione della malattia sia in termini di sopravvivenza globale, che si è dimostrata più lunga”.
Coniugare efficacia delle terapie e Qualità di Vita è la nuova sfida in questa fase della lotta al tumore al seno, specie per le donne che si trovano in una fase avanzata della malattia e alle quali le terapie puntano a offrire non solo “anni per vivere” ma “anni da vivere”. E la Qualità di Vita può essere ulteriormente migliorata attraverso la dieta, con la scelta di alimenti considerati veri e propri alleati delle terapie.
“Un’alimentazione adeguata gioca un ruolo importante durante la chemioterapia, per ridurre gli effetti collaterali a carico dell’apparato gastroenterico, per evitare l’aumento di peso, che spesso si verifica in chemioterapia adiuvante e che costituisce un fattore prognostico negativo e, infine, per migliorare eventualmente i valori ematici”, afferma Michele De Laurentiis, Direttore U.O.C. Oncologia Medica Senologica dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli.
INNOVAZIONE TERAPEUTICA E ALIMENTAZIONE SANA E GUSTOSA PER CONVIVERE MEGLIO CON LA NEOPLASIA MAMMARIA
Può delinearci l’attuale scenario del tumore al seno e le nuove frontiere terapeutiche raggiunte nel trattamento nella fase avanzata della malattia?
In Italia circa 38.000 donne si ammalano ogni anno di tumore al seno. Di queste, circa 3.300-3.500 sono donne della Campania. I progressi della ricerca in questo settore sono stati così brillanti che circa 85-90% delle donne che all’intervento chirurgico presentano linfonodi ascellari liberi e il 70-75% di quelle con linfonodi ascellari infiltrati guarisce definitivamente dopo opportune terapie mediche post-chirurgiche. Anche in quella minoranza di donne in cui, purtroppo, la malattia si riproduce, la vasta disponibilità di nuovi trattamenti ha prodotto un sensibile aumento della sopravvivenza.
Grazie ai successi terapeutici, la prevalenza (cioè il numero di donne che hanno affrontato la malattia e sono guarite, più quelle che convivono con una malattia in fase avanzata) è sensibilmente aumentata ed è stimabile, nel nostro paese, intorno a 472.000, di cui 31.000 circa in Campania.
Quali sono stati, in questi ultimi anni i fattori più significativi nel mutamento della prognosi nella neoplasia mammaria?
I fattori sono fondamentalmente due: Il primo fattore è l’efficacia dello screening mammografico e, più in generale, della diagnosi precoce, grazie a cui, oggi, la maggioranza delle donne arriva alla diagnosi con un tumore di piccole dimensioni e con linfonodi liberi. Il secondo fattore, che ha inciso positivamente sulla prognosi del tumore al seno, è stato lo sviluppo e la diffusione delle terapie mediche post-chirurgiche, quali terapie ormonali, chemioterapie e terapie a bersaglio molecolare, sempre più efficaci e selettive. Se a ciò si aggiunge che è notevolmente aumentata la nostra conoscenza sulle caratteristiche biomolecolari dei diversi tumori, ne scaturisce un miglioramento netto della capacità di definire per ogni tumore e per ogni paziente una terapia personalizzata, con migliori risultati e spesso con minore tossicità.
Come coniugare efficacia e tollerabilità nella lotta al tumore al seno nella sua forma avanzata?
Ora ci possiamo avvalere d’innovazioni tecnologiche, della possibilità di modulare i trattamenti e dello sviluppo di migliori terapie di supporto, tutti fattori determinanti nel rendere il più possibile soddisfacente la Qualità di Vita delle pazienti, specialmente per coloro che si trovano a convivere con un tumore in fase avanzata. A tali fattori si aggiunge, non ultimo, una corretta alimentazione, che finalmente inizia a essere considerata nella sua giusta importanza.
Qual è l’importanza di una corretta alimentazione per le pazienti con tumore al seno?
Un’alimentazione adeguata gioca un ruolo fondamentale per le donne con tumore della mammella.
Innanzitutto, è importante nelle pazienti che stanno effettuando un trattamento chemioterapico per ridurre gli effetti collaterali a carico dell’apparato gastroenterico ed eventualmente migliorare i parametri ematici. Inoltre, è fondamentale per evitare l’aumento di peso, particolarmente frequente nelle donne che ricevono chemioterapia e terapia ormonale dopo l’intervento chirurgico, perché il mantenimento di un peso adeguato può aiutare a ridurre il rischio di recidiva (cioè di nuovo sviluppo) del tumore.
Più in generale, una modifica complessiva della dieta occidentale, ricca in carboidrati raffinati e grassi animali saturi, verso una dieta ispirata a tradizioni mediterranee si è dimostrata utile per sostenere il generale stato di benessere delle donne con tumore al seno e per migliorare la Qualità di Vita di quelle che sono costrette a convivere con una malattia avanzata. Un corretto supporto nutrizionale, sano e gustoso al contempo, e una calibrata attività fisica, compatibilmente con la presenza del tumore e delle sue terapie, insieme a una maggiore consapevolezza delle donne di poter convivere con il tumore, costituiscono strumenti formidabili per generare nelle pazienti una maggiore capacità di reazione, che le aiuta a continuare a dedicarsi al lavoro, alla famiglia, agli affetti.
Michele De Laurentiis
Direttore U.O.C. Oncologia Medica Senologica, Istituto Nazionale Tumori, IRCCS Napoli
LA DIETA MEDITERRANEA: IL REGIME ALIMENTARE IDEALE PER LE DONNE CON TUMORE AL SENO
Quanto è importante una corretta alimentazione per una donna che deve affrontare un tumore al seno e perché?
L’alimentazione dovrebbe essere considerata da tutti un essenziale strumento di prevenzione e per le donne in terapia per neoplasia mammaria è ancor più importante. Seguire un piano alimentare che, oltre ad essere sano ed equilibrato dal punto di vista dell’apporto calorico e proteico, sia anche gustoso, costituisce un valido ausilio nel percorso terapeutico. Nel dispiegare la loro efficacia, la radioterapia e la chemioterapia possono, infatti, causare effetti collaterali come l’inappetenza, da cui deriva spesso una perdita di peso che non giova alla paziente, in un momento in cui ha bisogno di tutte le sue energie.
Di conseguenza, l’alimentazione è un fattore decisivo per le donne colpite da tumore al seno in terapia e si conferma uno strumento essenziale sia per mantenere il proprio corpo in una condizione il più possibile ottimale per ricevere le cure, sia per conservare, se non migliorare, la propria Qualità di Vita.
Quali sono gli effetti collaterali più comuni cui si può andare incontro quando ci si sottopone alle terapie oncologiche?
I farmaci utilizzati nella chemioterapia possono avere un’azione tossica sulle terminazioni nervose del sistema digestivo; di conseguenza, si può avere senso di nausea, vomito e inappetenza. In questi casi è bene non sforzarsi a mangiare, ed è consigliabile assumere piccole porzioni di cibo più volte al giorno, quando si avverte il desiderio. Evitare alimenti che possono dare fastidio alla mucosa gastrica, che è già compromessa dai farmaci e privilegiare la cottura al vapore o la bollitura, preferibilmente di cibi freschi.
Alimenti particolarmente fermentati, come latte e latticini, dovrebbero essere per lo più sospesi nel corso della chemioterapia: i farmaci chemioterapici possono compromettere l’attività dell’enzima lattasi, per cui il lattosio potrebbe risultare non più digeribile, creando episodi di malfunzionamento intestinale che finirebbero per causare episodi di diarrea.
Evitare il consumo di carne, soprattutto quella rossa e, per soddisfare la quota proteica giornaliera, preferire il pesce e i legumi, magari sotto forma di crema.
Evitare bevande eccitanti come the e caffè e alcolici, anche se, dopo aver consultato il medico, un bicchiere di vino rosso potrebbe essere consumato.
Spesso, a differenza delle altre forme tumorali, le donne affette da neoplasia mammaria possono andare incontro a un aumento di peso: come deve essere valutata questa evenienza e come affrontarla?
In linea generale, va detto che l’aumento dell’indice di massa corporea per le donne affette da neoplasia mammaria è associato a una prognosi peggiore; il meccanismo di correlazione non è completamente chiaro, anche se sembra possibile che il rischio sia mediato da fattori ormonali.
Il peso va tenuto sotto controllo attraverso un corretto regime alimentare, seguendo quelle che sono le linee guida per una sana alimentazione: mangiare dalle quattro alle cinque porzioni di frutta e verdura ogni giorno, consumare almeno 3 porzioni di legumi alla settimana, limitare la scelta della carne rossa, consumare il pesce almeno tre volte su sette giorni, ridurre l’uso del sale, bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno, preferire i grassi di origine vegetale e come fonte di carboidrati scegliere la pasta.
Quali sono le scelte alimentari che possono aiutare sia a contrastare l’insorgenza di patologie tumorali sia a conviverci?
È consigliabile seguire una classica dieta mediterranea, a base di cereali e legumi, frutta fresca e verdure di stagione, pesce e olio d’oliva, che unisca il gusto a elementi nutrizionali fondamentali. L’olio d’oliva, ad esempio, è ricco di acidi grassi monoinsaturi come l’acido oleico e il beta-sitosterolo, in grado d’inibire l’assorbimento intestinale del colesterolo, di tocoferoli e di polifenoli, tra cui l’idrossitirosolo e l’oleuropeina, che hanno una marcata attività antiossidante, ed infine è altamente digeribile.
I cibi ricchi di vitamine del gruppo A, C, D e soprattutto E rappresentano una scelta nutrizionale sana, poiché sono degli ottimi antiossidanti grazie alla loro funzione di scavenger, cioè di “spazzini” dei radicali liberi che attaccano i lipidi, in particolare quelli delle membrane cellulari, promuovendo quindi il danno cellulare e di conseguenza il processo di cancerogenesi e molti altri disordini.
Anche le fibre sono molto importanti, sia quelle solubili contenute nella frutta, nella verdura, nei fiocchi d’avena e nei legumi (fagioli, lenticchie e ceci), sia quelle insolubili, di cui sono ricchi i cereali integrali. Gli acidi grassi a catena corta che sono prodotti dalla flora intestinale durante il processo di digestione delle fibre potrebbero inibire la proliferazione di cellule tumorali a livello intestinale. Esse accelerano il traffico intestinale riducendo il tempo di contatto tra potenziali agenti mutageni e la parete dell’intestino, riducono l’assorbimento dei grassi e ritardano quello dei carboidrati, in modo da ridurre il picco glicemico postprandiale. Inoltre inducono il senso di sazietà e ciò può essere di grande aiuto quando si cerca di controllare il peso.
Serena Sensi
Biologo Nutrizionista, Rete Formativa in Scienza dell’Alimentazione SUN - ASL Napoli 3 Sud
NUTRIZIONE, SUPPORTO PSICOLOGICO E ATTIVITÀ FISICA: LA TRIADE VINCENTE PER LE DONNE CON TUMORE AL SENO
“Assapora la Vita” è una campagna informativa con l’obiettivo di aiutare le donne colpite da tumore al seno in terapia, invitandole a riscoprire l’importanza di prendersi cura di se stesse, anche attraverso la buona cucina. Che cosa ci può dire in merito?
“Assapora la Vita” risponde a una delle esigenze che avverto come necessaria, ovvero quella di prendere in carico a 360 gradi le donne nel loro percorso post-operatorio. Alla luce degli studi più recenti che indicano la correlazione tra tumore, rischio di recidiva e alimentazione e anche sulla capacità dell’alimentazione di mitigare gli effetti delle terapie, ritengo che un’iniziativa che vada in questa direzione sia molto utile. Inoltre, più sono coinvolte figure “non oncologiche” nel percorso delle donne dopo l’intervento, come in questo caso un cuoco simpatico e geniale, più cresce l’attenzione verso aspetti che sono forse ancora considerati secondari, ma che invece possono incidere in modo rilevante sulla Qualità di Vita delle pazienti.
Questa Campagna ridona dunque centralità alla donna in un momento in cui la malattia le toglie il ruolo di “perno” familiare. Provvedere al nutrimento o farsi nutrire è un modo per mantenere unita la famiglia e perseguire un’alimentazione corretta e dunque sana ed efficace.
Quanto incide l’alimentazione nel percorso terapeutico di una donna con tumore mammario?
Fino a qualche tempo fa, gli oncologi non avevano ancora posto attenzione alle opzioni alimentari delle pazienti, a ciò che si può mangiare e a ciò che sarebbe meglio evitare, su quanto ciò che si mangia influenzi la percezione e l’intensità dei disturbi provocati dagli effetti collaterali. Alla luce delle più recenti evidenze scientifiche, questi sono aspetti che invece è assolutamente necessario prendere in dovuta considerazione. Sono quindi del tutto convinto che questa sia la strada da percorrere, unita a una maggiore attenzione per l’attività fisica. In questo senso l’attenzione all’alimentazione è un aspetto fondamentale e sono le stesse pazienti, in specie quelle più giovani, a richiederla.
In quest’ottica, nutrizione, supporto psicologico e attività fisica rappresentano una triade che può migliorare sensibilmente la Qualità di Vita delle donne con tumore al seno.
Il tumore al seno è una patologia con la quale oggi si riesce a convivere, molto di più e molto meglio rispetto al passato, ma la sua incidenza continua a essere in aumento, specialmente tra le donne giovani: quali sono le evidenze più recenti?
Analizzando le SDO, le schede prodotte dagli Ospedali al termine del ricovero, quelle relative agli interventi senologici effettuati dal 2000 al 2006 hanno evidenziato un aumento dell’incidenza del tumore al seno nelle giovani donne, cioè sotto i 40 anni.
L’incremento è notevole, pari al 28%, con un aumento del 6% ogni anno, mentre le altre fasce d’età si sono mantenute sostanzialmente sovrapponibili. Purtroppo il fenomeno interessa non solo l’Italia e l’Europa, ma sembra accomunare tutto il mondo industrializzato.
La nuova emergenza rappresentata dalla crescita dell’incidenza del tumore al seno nelle donne sotto i 40 anni la vede in prima linea: quali sono le risorse messe in campo sul territorio campano dall’Istituto Nazionale Tumori?
Presso l’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli è attivo da tre anni Underforty Women Breast Care, il primo progetto in Europa per la prevenzione, la diagnosi e la cura del tumore al seno mirato alla donne al di sotto dei 40 anni, finanziato dalla Regione Campania. L’Istituto si è occupato di ricerca di tecnologia alternativa e di percorsi di cura condivisi, rendendo possibile una lista d’attesa a tempo zero per le ragazze giovani. Pensiamo che le giovani donne, non potendo beneficiare dello screening, siano tutte in ritardo diagnostico e quindi non debbano essere costrette ad attendere i tempi della lista d’attesa ordinaria. ALTS ha collaborato attivamente nella promozione della parte più “serena“ del progetto, che è quella dedicata alla prevenzione, supportando la campagna d’informazione per diffondere il messaggio della prevenzione senologica già nelle fasce giovanili, e dunque all’interno delle scuole e delle università, attraverso incontri tematici, serate e una campagna fotografica e di cartellonistica.
Cosa si possono aspettare le giovani donne che temono una diagnosi di tumore al seno attraverso le strutture operative del progetto Underforty Women Breast Care?
È stato creato un ambulatorio dedicato con una diagnostica non basata esclusivamente sulla mammografia, che sulle ragazze giovani è poco efficace, ma sulla visita senologica, l’ecografia e su un’innovativa tecnologia ottica mammaria, il DOBI ComfortScan, un apparecchio che non immette radiazioni, non usa mezzi di contrasto e consente di comprendere se il seno sia sano o meno. Il tempo massimo di attesa per le donne sintomatiche è di sette giorni: se una ragazza avesse bisogno di chiudere rapidamente la diagnosi, in sette giorni accede in Istituto, dove prende avvio una flow chart diagnostica che porta alla chiusura del caso clinico in breve tempo. Per accedere all’ambulatorio si può semplicemente telefonare o mandare una richiesta di prenotazione entrando nel portale dedicato, www.underforty.it/ita. Sino a oggi sono state trattate oltre 300 ragazze con carcinoma mammario di età inferiore ai 40 anni e sono state effettuate 900 visite ambulatoriali.
Che cosa succede se la lesione sospetta al seno indica la presenza di un tumore maligno?
Se si tratta di una lesione sospetta da asportare o di un carcinoma, la lista d’attesa è brevissima e tutte le pazienti che vanno in sala operatoria ricevono una diagnostica che prevede anche la risonanza magnetica mammaria e l’esame DOBI. Dedichiamo grande attenzione all’Oncoplastica: nel caso d’interventi di tipo demolitivo, la ricostruzione è immediata, anche con accesso attraverso l’ascella, con incisioni chirurgiche dunque decisamente minime.
E se la diagnosi ha esito positivo?
Qualora la lesione risultasse benigna, viene caratterizzato il rischio soggettivo di sviluppare un tumore al seno e si sviluppa un programma di sorveglianza sulla base sia di parametri ordinari, quali familiarità, nulliparità o assunzione di ormoni, sia non convenzionali, come stato di nutrizione e obesità, quella che noi chiamiamo sindrome metabolica. Ciò consente di programmare la cosiddetta “Prevenzione senologica attiva personalizzata”, un percorso modulato in base alle caratteristiche della donna che prevede una serie di esami diagnostici, con cadenza variabile.
Massimiliano D’Aiuto
Responsabile Progetto Underforty Women Breast Care, ALTS Napoli
NabTMpaclitaxel: più efficacia con un meccanismo biologicamente naturale e altamente innovativo
Un nuovo farmaco, disponibile da pochi mesi in Italia, nabTM paclitaxel, attraverso l’utilizzo di una tecnologia all’avanguardia, la nanotecnologia, arriva direttamente alla cellula tumorale, grazie ad un veicolo naturale, l’albumina. Ci potrebbe parlare di questa tecnologia così innovativa?
I limiti dei taxani contenenti solventi hanno motivato la ricerca a migliorarne l’indice terapeutico mediante la creazione di nuove formulazioni prive di solventi. Questo è stato reso possibile grazie all’utilizzo di una tecnologia di avanguardia, la nanotecnologia, e l’utilizzo di un veicolo naturale, quale l’albumina umana, attraverso lo sviluppo di nanoparticelle di albumina legate a paclitaxel (nanoparticle albumin-bound: nab).
In tal modo la nanotecnologia ha consentito di trasformare un farmaco insolubile come paclitaxel in una forma iniettabile in nanoparticelle, utilizzando l’albumina umana. Le particelle di paclitaxel-legato ad albumina hanno una dimensione media di 130 nm. La piattaforma nabTM, pertanto, elimina la necessità di utilizzare solventi tossici grazie al legame di forme farmacologiche idrofobe con l’albumina. NabTM paclitaxel, sospensione colloidale di paclitaxel e albumina sierica umana che non contiene Cremophor EL, è riconosciuto come la prima vera e propria nanoparticella o prodotto farmaceutico basato sulla nanotecnologia ad essere approvato e immesso in commercio da pochi mesi anche in Italia.
La piattaforma nabTM sfrutta inoltre le proprietà peculiari dell’albumina come trasportatore naturale di molecole idrofobiche e sostanze nutritive – dal lume del vaso al tessuto bersaglio dall’altra parte del lume del vaso – attraverso un processo di trasporto attivo, denominato transcitosi, mediato da un recettore specifico per albumina (gp60).
In particolare, il complesso nabTM paclitaxel lega recettori di superficie cellulare specifici per l’albumina (gp60) sulla membrana di cellule endoteliali, attivando un’altra proteina, la caveolina-1, che crea una tasca nella parete endoteliale. Questa tasca, tecnicamente chiamata caveola, consente al complesso farmaco-albumina di migrare attraverso il citoplasma della cellula con il meccanismo della trancitosi, di raggiungere l’altra parete della cellula endoteliale e di depositarsi così nell’interstizio tumorale.
Questo meccanismo, biologicamente naturale e altamente innovativo per la somministrazione di farmaci, consente che alte concentrazioni di paclitaxel, senza la necessità di solventi sintetici tossici, possano essere veicolate al sito del tumore.
In che modo questa nuova chemioterapia “target” garantisce una maggiore efficacia rispetto alla terapia standard mantenendo anche una buona qualità di vita per la paziente con tumore
al seno?
Il legame e l’accumulo di nabTM paclitaxel nell’interstizio tumorale è favorito da una specifica proteina della matrice cellulare detta SPARC (secreted protein, acidic and rich in cysteine), configurando un meccanismo innovativo di chemioterapia “target”. SPARC, infatti, è iperespressa selettivamente in molti tipi di tumori umani, tra cui il tumore della mammella, conferendo a questi tumori una prognosi peggiore. Studi d’immunoistochimica hanno dimostrato che SPARC è iperespressa in 46% di carcinoma mammari e soltanto in 1% di tessuti normali mammari. SPARC agisce come un vero e proprio magnete: essa attira e lega il complesso albumina-farmaco e lo concentra nell’interstizio del tumore, permettendo un’alta concentrazione di nab-paclitaxel nel tumore.
È stato dimostrato da studi preclinici un accumulo intraneoplastico di paclitaxel significativamente superiore del 33% per 24 ore con nabTM paclitaxel radiomarcato, in confronto ad una dose equivalente di taxolo contenente solvente. Pertanto, nabTM paclitaxel non può essere considerato soltanto un altro taxano ma è una vera chemioterapia target, che si configura come un trattamento altamente innovativo nel carcinoma mammario metastatico.
L’assenza del Cremophor EL, il legame a un recettore specifico per albumina alle cellule endoteliali, il meccanismo di trancitosi e il legame a SPARC possono spiegare la maggiore attività antitumorale e la minore tossicità del nabTM paclitaxel rispetto al vecchio standard taxolo con solvente, con conseguente miglioramento della qualità di vita delle pazienti.
I taxani sono tra i farmaci chemioterapici maggiormente utilizzati contro il tumore al seno. Uno dei problemi legati all'uso di questi farmaci è la presenza, nella loro attuale formulazione, dei solventi, che inibiscono il trasporto attivo del principio attivo attraverso l'endotelio e aumentano inoltre la tossicità della terapia. Qual è la funzione dei solventi nella chemioterapia e quali sono le possibili alternative studiate in questi anni?
I taxani, paclitaxel e docetaxel, sono tra i farmaci maggiormente attivi nel trattamento del carcinoma mammario e rappresentano lo “standard” di terapia, sia in monoterapia che in combinazione con altri farmaci citotossici. Tuttavia, a fronte della loro attività nella malattia mammaria metastatica, il loro uso è spesso limitato da tossicità significative, quali reazioni allergiche, neuropatie e neutropenie, che costituiscono effetti collaterali rilevanti e influenzano negativamente la qualità di vita delle pazienti. La natura idrofobica e la scarsa solubilità in acqua dei taxani rendono indispensabili l’uso concomitante di solventi sintetici per la loro solubilizzazione e per la loro somministrazione.
Il paclitaxel è formulato con solventi oleosi (Cremophor EL) mentre il docetaxel richiede una combinazione di solventi quali polisorbato 80 (Tween 80) ed etanolo che permettono la somministrazione parenterale. Tali solventi possono essere responsabili di reazioni d’ipersensibilità di grado severo, con manifestazioni di dispnea, rash cutanei, orticaria e polineuropatia periferica. Il rischio di questi eventi avversi gravi, che a volte mettono in pericolo la vita delle pazienti, è limitato da protocolli di premedicazione a base di corticosteroidi e antistaminici.
I solventi possono anche influenzare l’efficacia dei taxani. È stato dimostrato che il Cremophor EL è responsabile della formazione di micelle nel plasma che intrappolano il paclitaxel, impedendo al farmaco di raggiungere il sito del tumore con conseguente minore concentrazione intratumorale di farmaco attivo. La formazione di micelle può spiegare la mancanza di effetto dose-risposta del paclitaxel contenente solventi e il fatto che l’incremento di dose non migliora l’efficacia del farmaco, ma è associata ad aumento della tossicità.
La risposta vincente a queste problematiche è stata la realizzazione di nabTM paclitaxel
NabTM paclitaxel
NabTM paclitaxel (paclitaxel albumina)1 è un farmaco innovativo che coniuga un principio attivo di efficacia antitumorale comprovata, paclitaxel, con una tecnologia d’avanguardia basata sulle nanoparticelle, offrendo alle pazienti con carcinoma della mammella metastatico, che hanno fallito il trattamento di prima linea e per i quali la terapia standard, contenente antracicline non è indicata, un trattamento più efficace e allo stesso tempo più sicuro.
NabTM paclitaxel è una formulazione di paclitaxel legato all’albumina in nano particelle.
Il paclitaxel appartiene alla classe di farmaci antitumorali noti come taxani, che rivestono un ruolo centrale nel trattamento del cancro della mammella.
NabTM paclitaxel rappresenta una significativa evoluzione nella sua categoria farmacologica. È infatti il primo paclitaxel associato all’albumina, una proteina naturale presente comunemente nel sangue, e formulato in nanoparticelle, ossia in particelle di dimensioni medie intorno ai 130 nm1.
Per queste ragioni nab-paclitaxel presenta caratteristiche di sicurezza e tollerabilità notevolmente migliori rispetto ai taxani tradizionali, e un’efficacia significativamente superiore: l’albumina infatti potenzia il trasporto attivo del paclitaxel attraverso le cellule endoteliali e facilita il suo accumulo nelle cellule tumorali2,3.
Grazie alla tecnologia nota come piattaforma nabTM:
• l’albumina facilita il trasporto di paclitaxel ad essa legato attraverso la cellula endoteliale10 (processo noto come transcitosi);
• sulla membrana della cellula endoteliale si lega al suo recettore (gp60), attivando la formazione di cavità nella membrana cellulare (caveole) che racchiudono il complesso formato dal recettore stesso e dall’albumina legata a paclitaxel;
• la successiva apertura delle caveole fa sì che paclitaxel-albumina sia veicolato in modo mirato all’interstizio tumorale;
• nell’interstizio l’albumina si accumula legandosi specificamente a una proteina che abbonda nel microambiente tumorale, denominata SPARC (Secreted Protein Acidic Rich in Cysteine), consentendo a maggiori quantità di principio attivo di penetrare nel tumore1.
Benefici clinici di nabTM paclitaxel nel tumore metastatico della mammella
NabTM paclitaxel è stato oggetto di uno studio di Fase III randomizzato5, comparativo verso paclitaxel, che ne ha confermato l'efficacia e il favorevole profilo di sicurezza.
Efficacia
Tasso di Risposta Complessivo (ORR)
L’endpoint primario di efficacia era la percentuale di risposta complessiva (Overall Response Rate, ORR), valutata secondo i criteri di valutazione della risposta nei tumori solidi (Response Evaluation Criteria in Solid Tumours, RECIST)4,5,6.
Fonte: Pro Format Comunicazione – Ufficio stampa