Epatite, un malato su due non sa di essere malato
In Italia i malati di epatite B cronica sono 600mila, mentre quelli di epatite C 900mila. 2,5 i milioni quelli nel mondo. I costi ed i metodi efficaci per sradicare la malattia.
Nasce l’Ice, Insieme contro l’Epatite, un’associazione di pazienti e cittadini nata per intervenire attivamente sul piano sociale e politico per ridurre la diffusione dell’epatite virale. L’iniziativa è stata promossa da SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, e l’associazione Donne in Rete, al fine di favorire l’identificazione dei casi di epatite cronica da virus dell’epatite B e C, l’applicazione della terapia più adeguata e l’accesso alla possibilità di trapianto di fegato.
Secondo le recenti stime, i malati attuali di epatite B cronica sono 600mila, mentre quelli di epatite C 900mila, per un totale di un milione e mezzo di casi. Ma solo la metà di questi soggetti è a conoscenza del proprio stato. «La rivoluzione attuale è pari a quella che compimmo negli anni Novanta per l'HIV - sottolinea il Prof. Orlando Armignacco, Presidente della SIMIT - E' fondamentale nella nostra società scientifica una continuità nelle iniziative contro le malattie infettive, e contro l'epatite in particolare».
«Arriviamo oggi ad un traguardo che è solo l'inizio di una sfida - esordisce Rosaria Iardino, Presidente di Donne in Rete e promotrice dell'associazione - Il concetto di sostenibilità economica deve essere al centro dell'utilizzo dei nuovi farmaci contro l'epatite. L'attenzione non deve scemare: la nostra associazione vuole lanciare un messaggio di unità. Vanno distinte le giornate mondiali dedicate all'HIV rispetto a quelle per l'epatite perché - prosegue Rosaria Iardino - esiste il rischio che l'HIV possa stigmatizzare le giornate dell'epatite. Conosciamo le statistiche: 12mila infetti HIV in Italia. Noi però ci rivolgiamo a pazienti di epatite B e C. Ad oggi mancano le compagne di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini, che sanno che si parla di fegato, ma manca loro la consapevolezza dell'universalità, della pericolosità e della responsabilità individuale. L'epatite è più vicina di quanto si pensi e colpisce un'ampia fascia di pazienti tra i 25 ed i 50 anni».
La nuova visione e la mission dell'associazione implicano una nuova forma di comunicazione volta a sottolineare l'allarme globale, la coscienza della malattia, le nuove forme di prevenzione. Uno schema snello ed agile di collaborazione tra mondo scientifico ed associazione pazienti ed operatori del settore. Il coordinamento è affidato a Rosaria Iardino e al Prof. Massimo Andreoni, prossimo Presidente Simit, mentre la cura dei pazienti a Michele Formisano.
«Abbiamo centinaia di richieste di Donne in Rete che ci interrogano su come conservare gli ovociti prima di affrontare la terapia - prosegue Rosaria Iardino - Vogliamo coinvolgere il numero più alto di pazienti e favorire incontri scientifici nelle regioni assieme alla Simit per rafforzare il significato sociale e scientifico. Saranno scelti il prossimo anno i centri di malattie infettive garantiti, dove poter contare sulle cure necessarie contro l'epatite. La politica sarà al nostro fianco con l'adesione del Senatore Ignazio Marino, di Paola Concia, Deputata PD, e dei Parlamentari Europei, Antonio Panzeri e Patrizia Toia. Entro gennaio condivideremo in Senato il progetto e le istanze della neonata associazione».
«In Italia l'epatite cronica C - afferma il Prof. Evangelista Sagnelli dell'Università di Napoli - è un problema grave figlio dell'inefficienza delle politiche del dopoguerra. Dagli anni Cinquanta sono decine le famiglie colpite dalla mancanza di conoscenza reale del problema, da uno stile di vita scorretto e da abitudini rischiose. Non solo comportamenti sessuali ma anche interi paesi in Sicilia dove la comunità maschile è infetta perché il barbiere del paese radeva i suoi clienti senza cambiare lamette. Fino al 2025-2030 noi pagheremo i debiti contratti in precedenza: saranno in costante incremento il numero di cirrosi ed epatocarcinomi. Ciò provocherà spese sempre maggiori per il sistema sanitario e nuovi trapianti. La speranza è nei nuovi farmaci (interferone e ribavirina), che vanno distinti dai farmaci innovativi, ossia quelle molecole su cui lo stato deve investire. I farmaci che arriveranno costituiranno non una spesa, ma un investimento per la nostra società, sebbene alquanto costosi, perché si ridurranno i ricoveri certi e si potrà sradicare il 70% dell'epatite C.»
«Oggi noi siamo qui per fare cultura sia nei confronti dei politici che dei cittadini - conclude il Prof. Massimo Andreoni - per ridurre i 2,5 milioni di casi nel mondo. In Italia si conta l'1,5% della popolazione italiana. Servono numeri certi, fare pressione sulla politica, stimolare le istituzioni con un piano nazionale sull'epatite, lottare contro le discriminazioni dei malati, inaugurare campagne di comunicazione che sensibilizzino i cittadini ai rischi di epatite nelle pratiche di piercing e tatuaggi in luoghi scarsamente igienici.»
Nasce l’Ice, Insieme contro l’Epatite, un’associazione di pazienti e cittadini nata per intervenire attivamente sul piano sociale e politico per ridurre la diffusione dell’epatite virale. L’iniziativa è stata promossa da SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, e l’associazione Donne in Rete, al fine di favorire l’identificazione dei casi di epatite cronica da virus dell’epatite B e C, l’applicazione della terapia più adeguata e l’accesso alla possibilità di trapianto di fegato.
Secondo le recenti stime, i malati attuali di epatite B cronica sono 600mila, mentre quelli di epatite C 900mila, per un totale di un milione e mezzo di casi. Ma solo la metà di questi soggetti è a conoscenza del proprio stato. «La rivoluzione attuale è pari a quella che compimmo negli anni Novanta per l'HIV - sottolinea il Prof. Orlando Armignacco, Presidente della SIMIT - E' fondamentale nella nostra società scientifica una continuità nelle iniziative contro le malattie infettive, e contro l'epatite in particolare».
«Arriviamo oggi ad un traguardo che è solo l'inizio di una sfida - esordisce Rosaria Iardino, Presidente di Donne in Rete e promotrice dell'associazione - Il concetto di sostenibilità economica deve essere al centro dell'utilizzo dei nuovi farmaci contro l'epatite. L'attenzione non deve scemare: la nostra associazione vuole lanciare un messaggio di unità. Vanno distinte le giornate mondiali dedicate all'HIV rispetto a quelle per l'epatite perché - prosegue Rosaria Iardino - esiste il rischio che l'HIV possa stigmatizzare le giornate dell'epatite. Conosciamo le statistiche: 12mila infetti HIV in Italia. Noi però ci rivolgiamo a pazienti di epatite B e C. Ad oggi mancano le compagne di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini, che sanno che si parla di fegato, ma manca loro la consapevolezza dell'universalità, della pericolosità e della responsabilità individuale. L'epatite è più vicina di quanto si pensi e colpisce un'ampia fascia di pazienti tra i 25 ed i 50 anni».
La nuova visione e la mission dell'associazione implicano una nuova forma di comunicazione volta a sottolineare l'allarme globale, la coscienza della malattia, le nuove forme di prevenzione. Uno schema snello ed agile di collaborazione tra mondo scientifico ed associazione pazienti ed operatori del settore. Il coordinamento è affidato a Rosaria Iardino e al Prof. Massimo Andreoni, prossimo Presidente Simit, mentre la cura dei pazienti a Michele Formisano.
«Abbiamo centinaia di richieste di Donne in Rete che ci interrogano su come conservare gli ovociti prima di affrontare la terapia - prosegue Rosaria Iardino - Vogliamo coinvolgere il numero più alto di pazienti e favorire incontri scientifici nelle regioni assieme alla Simit per rafforzare il significato sociale e scientifico. Saranno scelti il prossimo anno i centri di malattie infettive garantiti, dove poter contare sulle cure necessarie contro l'epatite. La politica sarà al nostro fianco con l'adesione del Senatore Ignazio Marino, di Paola Concia, Deputata PD, e dei Parlamentari Europei, Antonio Panzeri e Patrizia Toia. Entro gennaio condivideremo in Senato il progetto e le istanze della neonata associazione».
«In Italia l'epatite cronica C - afferma il Prof. Evangelista Sagnelli dell'Università di Napoli - è un problema grave figlio dell'inefficienza delle politiche del dopoguerra. Dagli anni Cinquanta sono decine le famiglie colpite dalla mancanza di conoscenza reale del problema, da uno stile di vita scorretto e da abitudini rischiose. Non solo comportamenti sessuali ma anche interi paesi in Sicilia dove la comunità maschile è infetta perché il barbiere del paese radeva i suoi clienti senza cambiare lamette. Fino al 2025-2030 noi pagheremo i debiti contratti in precedenza: saranno in costante incremento il numero di cirrosi ed epatocarcinomi. Ciò provocherà spese sempre maggiori per il sistema sanitario e nuovi trapianti. La speranza è nei nuovi farmaci (interferone e ribavirina), che vanno distinti dai farmaci innovativi, ossia quelle molecole su cui lo stato deve investire. I farmaci che arriveranno costituiranno non una spesa, ma un investimento per la nostra società, sebbene alquanto costosi, perché si ridurranno i ricoveri certi e si potrà sradicare il 70% dell'epatite C.»
«Oggi noi siamo qui per fare cultura sia nei confronti dei politici che dei cittadini - conclude il Prof. Massimo Andreoni - per ridurre i 2,5 milioni di casi nel mondo. In Italia si conta l'1,5% della popolazione italiana. Servono numeri certi, fare pressione sulla politica, stimolare le istituzioni con un piano nazionale sull'epatite, lottare contro le discriminazioni dei malati, inaugurare campagne di comunicazione che sensibilizzino i cittadini ai rischi di epatite nelle pratiche di piercing e tatuaggi in luoghi scarsamente igienici.»
Fonte: Studio Diessecom