Diagnosi precoce dei tumori. Troppe le disuguaglianze nella diagnosi e trattamento in Italia

Un nuovo studio dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano evidenzia come la diagnosi precoce dei tumori e l'accesso a trattamenti adeguati non siano omogeneamente disponibili in Italia. E' prioritario ridurre le disuguaglianze fra nord e sud del Paese e migliorare l'organizzazione delle strutture oncologiche per la diagnosi e il trattamento.

Milano, 1 febbraio 2013 – Al Nord il 45% dei tumori della mammella è diagnosticato a uno stadio precoce mentre al Sud le percentuali scendono, arrivando al 26% di Napoli e Ragusa, dove sono frequenti i casi che presentano già metastasi al momento della diagnosi, pari rispettivamente a 9,6% e 8,1%. Sebbene a questa diagnosi ritardata corrisponda una differenza di sopravvivenza a cinque anni relativamente contenuta (89% al Nord a fronte dell’85% al Sud), la scoperta di un tumore allo stato iniziale è un fattore di grande importanza per la paziente perché consente di ricorrere a trattamenti chirurgici meno invasivi e a terapie più semplici, garantendo una migliore qualità di vita e un minore costo sociale. Per esempio, la probabilità che una donna colpita da tumore al seno residente a Napoli o Sassari sia trattata con un intervento di chirurgia demolitiva è del 30-40% superiore alla media italiana complessiva.

Questi sono alcuni dei dati che emergono, in merito a quattro tra le più importanti forme tumorali (mammella, polmone, colon-retto e melanoma), dallo studio Eurocare 5 alta risoluzione – Italia, che l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha pubblicato sul numero di dicembre della rivista internazionale Cancer Epidemiology, analizzando dati sulla sopravvivenza e l’adesione a linee guida internazionali per la diagnosi e terapia, in diverse aree del territorio italiano.

Le differenze locali circa la sopravvivenza riflettono, infatti, il diverso utilizzo da parte delle strutture sanitarie degli strumenti diagnostici più avanzati e delle terapie più efficaci. Per determinare il livello qualitativo delle cure, lo studio ha individuato per ogni tumore strumenti di diagnosi e trattamenti raccomandati dalle linee guida internazionali dell’European Society for Medical Oncology e ha verificato se a livello locale questi standard erano rispettati.
Sono stati analizzati i dati raccolti da 14 Registri tumore italiani: Biella, Ferrara, Modena, Romagna, Reggio Emilia, Firenze, Umbria, Latina, Napoli, Palermo, Ragusa, Sassari e Trapani.

Sottolinea Milena Sant, responsabile della Struttura complessa di “Studi descrittivi e programmazione sanitaria” dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e coordinatrice dello studio: “L’adesione a standard diagnostico-terapeutici internazionali è in generale soddisfacente al Centro-Nord e meno diffusa al Sud. Le ragioni sono molte e diverse: per il tumore della mammella, per esempio, l’insufficiente applicazione di linee guida nelle aree di Sassari e Napoli è attribuibile sia alla inadeguata disponibilità di strutture radioterapiche (che quindi induce il chirurgo ad effettuare trattamenti più radicali al fine di prevenire le recidive loco regionali anche in assenza di radioterapia), che anche alla frammentazione di strutture sanitarie che trattano i pazienti oncologici. All’opposto, la più omogenea applicazione di trattamento adiuvante nel tumore del colon in stadio III trova riscontro in una adeguata diffusione e aderenza a linee guida, ma anche alla possibilità di eseguire questo trattamento in assenza di strutture radioterapiche”.

Osserva Marco Pierotti, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: “Lo studio suggerisce che le disuguaglianze nella sopravvivenza dei pazienti oncologici, tuttora presenti in Italia, siano in larga parte motivate da disuguaglianze nella disponibilità di risorse e strutture sanitarie per il trattamento di pazienti oncologici, dalla disomogenea presenza dei programmi di screening e da una scarsa diffusione delle linee guida per diagnosi e trattamento. Queste disuguaglianze condizionano la migrazione dei pazienti del Sud verso le strutture sanitarie presenti nelle regioni del Centro-Nord, con conseguenti disagi e incremento della spesa sanitaria. Il potenziamento e l’adeguamento delle strutture sanitarie presenti nel sud del paese contribuirebbero quindi a migliorare la performance dell’intero sistema sanitario italiano”.

TUMORE DEL SENO
Anche l’adesione ai trattamenti raccomandati mostra differenze tra le aree italiane prese in esame: l’utilizzo di radioterapia associato a chirurgia conservativa è eseguito nel 52% delle pazienti a Modena ma solo nel 36-37% delle pazienti a Napoli e Sassari. Inoltre, la probabilità che una donna colpita da tumore al seno residente a Napoli o Sassari sia trattata con modalità conservative è rispettivamente pari al 36,7% e 35,9%, cioè del 30-40% inferiore alla media italiana complessiva (42,3%), a parità di età e stadio alla diagnosi, ed è significativamente inferiore nelle pazienti anziane rispetto a quelle più giovani (51% tra i 15 e i 54 anni a fronte del 17,2% oltre i 75 anni), anche se nella stessa area geografica e a parità di stadio. L’utilizzo di trattamenti conservativi, inoltre, diminuisce significativamente con lo stato di avanzamento del tumore e dello stadio alla diagnosi: infatti, vi si ricorre nel 65,4% dei casi allo stadio I e solo nel 7,1% allo stadio IV.

TUMORE DEL COLON-RETTO
Per questa tipologia di tumore si registrano differenze geografiche analoghe a quelle riscontrate per il tumore della mammella: le percentuali delle diagnosi in stadio precoce del tumore sono più basse nei registri di Sassari e Napoli (rispettivamente 12% e 10%) dove si rilevano anche i valori più elevati di casi con metastasi alla diagnosi (rispettivamente 31,3% e 35,3%). Il numero di pazienti a cui sono diagnosticate metastasi è minimo nelle aree di Modena (21,7%) e Biella (23,5%). Nei registri di Napoli e Ragusa, inoltre, si rilevano elevate percentuali di casi con stadio non noto (rispettivamente 8,5% e 14%). Sia per il tumore del colon sia per quello del retto, la migliore prognosi registrata nelle regioni del Centro-Nord (pari circa al 60%) rispetto a quelle del Sud (pari a circa il 50%) è quindi da attribuire alla diagnosi in stadio precoce, a una maggiore adesione a standard diagnostico-terapeutici e a una maggiore presenza di programmi di screening organizzati.

TUMORE DEL POLMONE
L’utilizzo dell’intervento chirurgico curativo nei pazienti con tumore polmonare in stadio I, rispetto alla media italiana (73,7%) risulta significativamente più alta nel registro tumori della Romagna (90,9%) e più bassa in quello di Biella (56%). La prognosi di questo tumore è purtroppo infausta nella maggior parte dei casi: complessivamente in Italia solo il 15% circa dei pazienti sono vivi dopo 5 anni dalla diagnosi. Tuttavia, la sopravvivenza dei pazienti diagnosticati in stadio precoce, che quindi possono beneficiare di un intervento chirurgico, risulta notevolmente migliore della media: 50% circa dopo 3 anni dalla diagnosi.

MELANOMA
Infine, per il melanoma cutaneo, il 60,1% dei pazienti con tumore di spessore inferiore o uguale a 1 mm esegue l’esame del linfonodo sentinella, con valori più alti a Reggio Emilia (76,3%) e più bassi a Ragusa (34,2%). L’esecuzione di questa indagine non influenza direttamente la prognosi, ma consente – in caso di negatività dell’esame – di risparmiare interventi demolitivi, con conseguente miglioramento della qualità di vita.

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Il progetto Eurocare
Lo studio Eurocare 5 alta risoluzione – Italia nasce da un’analisi dei dati locali dei differenti registri tumore italiani raccolti all’interno del progetto European cancer registry-based study on survival and care of cancer patients (Eurocare), una ricerca coordinata dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e dall’Istituto Superiore di Sanità, che dal 1989 raccoglie i dati della sopravvivenza della popolazione europea per tutte le neoplasie maligne, e che nella sua ultima edizione ha analizzato oltre 21 milioni di casi in 29 paesi dell’Unione.

La Struttura complessa di “Studi descrittivi e programmazione sanitaria” dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano
Il principale settore di attività della struttura è l’analisi dei dati di sopravvivenza al cancro e delle variazioni di questa in aree geografiche diverse e in tempi diversi, raccolti e analizzati in particolare all’interno del progetto Eurocare. L’unità è responsabile, inoltre, degli studi Eurocare ad alta risoluzione, che approfondiscono i dati più generali a livello locale e cercano di individuare le ragioni di dati di mortalità differenti tra aree geografiche diverse.
Inoltre, la struttura partecipa ai seguenti progetti: EPAAC (European Parnership Action against Cancer), il progetto europeo internazionale volto alla produzione di indicatori epidemiologici sul cancro in Europa (incidenza, sopravvivenza, procedure diagnostico-terapeutiche, prevalenza e mortalità); Eurochip, per la definizione degli indicatori sanitari in campo oncologico e la promozione di azioni di sanità pubblica nella lotta ai tumori; Dynamo-hia, inteso allo sviluppo di un pacchetto software che, attraverso modelli matematici, valuta l'impatto delle politiche sanitarie; Haemacare per la raccolta e l’analisi di dati sulle neoplasie ematologiche; Concord, per l’analisi della sopravvivenza al cancro fra continenti.

L’Istituto Nazionale dei Tumori è una fondazione di diritto pubblico e un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Fondato nel 1925, unisce in un’unica struttura ricerca e cura: i medici, infatti, dedicano parte della loro attività alla ricerca e sono presenti, inoltre, più di 150 ricercatori.
Dotato di 482 posti letto e 1920 dipendenti, l’Istituto nel 2011 ha effettuato 22.899 ricoveri e oltre 1.103.000 tra prestazioni di laboratorio, diagnostiche e radioterapiche e visite ambulatoriali.
Nell’ambito della ricerca scientifica, i suoi ricercatori hanno prodotto nel 2011 450 pubblicazioni scientifiche per un valore di Impact Factor che in dieci anni è quasi raddoppiato, passando da 1188 del 2002 a 2354 punti nel 2011.



Fonte: SEC Relazioni Pubbliche e Istituzionali srl