Morbo di Borna: colpa del cavallo!
Descrizione
Non bastava l'allarme mucca pazza con i suoi prioni. Ora, dal recente congresso dell'"American Psychiatric Association" di Washington, arriva il panico da cavallo pazzo. Si tratta soltanto dell'ultima di una serie di segnalazioni iniziate già anni fa, ma questa volta i ricercatori del Dipartimento di Psichiatria dell'università di Vienna, diretti da Johann Windhaber, si sono accorti per la prima volta che un virus, endemico fra i cavalli del Nord Europa e che colpisce anche le pecore, provoca nell'uomo (o quantomeno contribuisce a scatenare in soggetti predisposti) oltre a depressione e schizofrenia anche attacchi di panico.
In questo caso i prioni non c'entrano, ma "grazie" a questo virus (che alcuni giudicano il primo di una nuova famiglia, da tre anni chiamata bornaviridae) anche gli equini possono entrare nella galleria degli animali potenzialmente portatori di una malattia neuropatologica trasmissibile all'uomo.
E forse questa infezione è davvero la più "pazza" di tutte perchè, quando è contratta dall'uomo, sembra associarsi a disturbi di tipo psichiatrico, in particolare depressione o schizofrenia.
Per fortuna, senza provocare eventi fatali, almeno finora, come invece accade agli animali. Non è ancora chiaro come l'infezione si trasmetta, e se l'uomo sia colpito dallo stesso virus che attacca il cavallo o da una sua variante, come avviene nella "mucca pazza". Alcuni pensano che i sintomi non siano dovuti nemmeno al virus in sè, quanto piuttosto alla reazione infiammatoria che si scatena nell'organismo quando viene a contatto con l'agente infettivo.
La storia
Conosciuta da oltre un secolo come "morbo di Borna" dal nome della cittadina tedesca della Sassonia dove nel 1885 scoppiò una grave epidemia che falcidiò centinaia di cavalli, la malattia trovò una prima spiegazione nel 1939 grazie a ricercatori di Giessen in Germania i quali scoprirono che questa meningo-encefalo-mielite veniva trasmessa da un virus sconosciuto, che è stato poi isolato sei anni fa e chiamato Borna Disease Virus, in sigla Bdv.
Il morbo di Borna si manifesta per lo più fra i puledri della Germania e della Svizzera, ma è stato individuato anche in Russia, Iran, Israele, Giappone e Stati Uniti. Questi virus sembrano prediligere le cellule del sistema limbico del cervello (nell'uomo sede delle emozioni e i sentimenti), e ciò spiegherebbe i sintomi psichiatrici che accompagnano il contagio. In laboratorio altri animali, dal pollo alla scimmia, sono risultati sensibili ai Bdv. In quelli più simili all'uomo, come i primati, compaiono alterazioni del comportamento sociale e sessuale.
Le femmine hanno, ad esempio, difficoltà ad accoppiarsi e presentano un insolita iperattività motoria.
I maschi, invece, manifestano atteggiamenti alternativamente docili o aggressivi e un insolito disorientamento nello spazio.
Il salto di specie
Una delle prime segnalazioni risale a 5 anni fa a opera di alcuni ricercatori berlinesi che riscontrarono un'insolita concentrazione del virus in pazienti maniaco-depressivi e ossessivo-compulsivi, due condizioni che fanno parte dei disturbi affettivi e di quelli ansiosi.
Da allora, gli studi si sono moltiplicati perchè è la prima volta che un'infezione virale appare collegata a disturbi psichiatrici. A oggi, solo sulla rivista scientifica "Lancet" sono comparsi ben nove articoli sul possibile ruolo dei virus Borna in queste malattie.
Le principali coinvolte sembrano essere depressione e psicosi schizofrenica, ma la lista continua ad allungarsi e, anni prima dell'ultima correlazione viennese con gli attacchi di panico, erano già state segnalate anche malattie come la sclerosi multipla e la sindrome da affaticamento cronico, confermata anche recentemente da altri due ricercatori dell'Università di Vienna sul "Journal of Infectious Disease".
Secondo un'altro studio dell'Università di Friburgo, comparso sulla stessa rivista nel `99, l'infezione da Bdv nell'uomo è comunque da considerarsi un evento raro. In Giappone è stato calcolato che il virus può essere tracciato in media nel 23% dei pazienti psichiatrici. Fra quelli con attacchi di panico dello studio presentato a Washington gli infetti erano solo l'8,2 per cento.
Non bastava l'allarme mucca pazza con i suoi prioni. Ora, dal recente congresso dell'"American Psychiatric Association" di Washington, arriva il panico da cavallo pazzo. Si tratta soltanto dell'ultima di una serie di segnalazioni iniziate già anni fa, ma questa volta i ricercatori del Dipartimento di Psichiatria dell'università di Vienna, diretti da Johann Windhaber, si sono accorti per la prima volta che un virus, endemico fra i cavalli del Nord Europa e che colpisce anche le pecore, provoca nell'uomo (o quantomeno contribuisce a scatenare in soggetti predisposti) oltre a depressione e schizofrenia anche attacchi di panico.
In questo caso i prioni non c'entrano, ma "grazie" a questo virus (che alcuni giudicano il primo di una nuova famiglia, da tre anni chiamata bornaviridae) anche gli equini possono entrare nella galleria degli animali potenzialmente portatori di una malattia neuropatologica trasmissibile all'uomo.
E forse questa infezione è davvero la più "pazza" di tutte perchè, quando è contratta dall'uomo, sembra associarsi a disturbi di tipo psichiatrico, in particolare depressione o schizofrenia.
Per fortuna, senza provocare eventi fatali, almeno finora, come invece accade agli animali. Non è ancora chiaro come l'infezione si trasmetta, e se l'uomo sia colpito dallo stesso virus che attacca il cavallo o da una sua variante, come avviene nella "mucca pazza". Alcuni pensano che i sintomi non siano dovuti nemmeno al virus in sè, quanto piuttosto alla reazione infiammatoria che si scatena nell'organismo quando viene a contatto con l'agente infettivo.
La storia
Conosciuta da oltre un secolo come "morbo di Borna" dal nome della cittadina tedesca della Sassonia dove nel 1885 scoppiò una grave epidemia che falcidiò centinaia di cavalli, la malattia trovò una prima spiegazione nel 1939 grazie a ricercatori di Giessen in Germania i quali scoprirono che questa meningo-encefalo-mielite veniva trasmessa da un virus sconosciuto, che è stato poi isolato sei anni fa e chiamato Borna Disease Virus, in sigla Bdv.
Il morbo di Borna si manifesta per lo più fra i puledri della Germania e della Svizzera, ma è stato individuato anche in Russia, Iran, Israele, Giappone e Stati Uniti. Questi virus sembrano prediligere le cellule del sistema limbico del cervello (nell'uomo sede delle emozioni e i sentimenti), e ciò spiegherebbe i sintomi psichiatrici che accompagnano il contagio. In laboratorio altri animali, dal pollo alla scimmia, sono risultati sensibili ai Bdv. In quelli più simili all'uomo, come i primati, compaiono alterazioni del comportamento sociale e sessuale.
Le femmine hanno, ad esempio, difficoltà ad accoppiarsi e presentano un insolita iperattività motoria.
I maschi, invece, manifestano atteggiamenti alternativamente docili o aggressivi e un insolito disorientamento nello spazio.
Il salto di specie
Una delle prime segnalazioni risale a 5 anni fa a opera di alcuni ricercatori berlinesi che riscontrarono un'insolita concentrazione del virus in pazienti maniaco-depressivi e ossessivo-compulsivi, due condizioni che fanno parte dei disturbi affettivi e di quelli ansiosi.
Da allora, gli studi si sono moltiplicati perchè è la prima volta che un'infezione virale appare collegata a disturbi psichiatrici. A oggi, solo sulla rivista scientifica "Lancet" sono comparsi ben nove articoli sul possibile ruolo dei virus Borna in queste malattie.
Le principali coinvolte sembrano essere depressione e psicosi schizofrenica, ma la lista continua ad allungarsi e, anni prima dell'ultima correlazione viennese con gli attacchi di panico, erano già state segnalate anche malattie come la sclerosi multipla e la sindrome da affaticamento cronico, confermata anche recentemente da altri due ricercatori dell'Università di Vienna sul "Journal of Infectious Disease".
Secondo un'altro studio dell'Università di Friburgo, comparso sulla stessa rivista nel `99, l'infezione da Bdv nell'uomo è comunque da considerarsi un evento raro. In Giappone è stato calcolato che il virus può essere tracciato in media nel 23% dei pazienti psichiatrici. Fra quelli con attacchi di panico dello studio presentato a Washington gli infetti erano solo l'8,2 per cento.
Terapia
Un'eventuale cura non presenta, comunque, i problemi dell'infezione da prioni della mucca pazza: già tre anni fa Evengard Lipkin, dell'università svedese di Huddinge, aveva indicato come una semplice terapia con farmaci antivirali potrebbe diventare un nuovo tipo di trattamento, per esempio nei pazienti depressi in caso di sospetta infezione da "cavallo pazzo".
Un'eventuale cura non presenta, comunque, i problemi dell'infezione da prioni della mucca pazza: già tre anni fa Evengard Lipkin, dell'università svedese di Huddinge, aveva indicato come una semplice terapia con farmaci antivirali potrebbe diventare un nuovo tipo di trattamento, per esempio nei pazienti depressi in caso di sospetta infezione da "cavallo pazzo".
News
Tra attacchi di panico e intolleranza ambientale
molte coincidenze da approfondire
Secondo uno studio dell'Università canadese di Toronto pubblicato sulla rivista "Journal of Allergy and Clinical Immunology", il disturbo da attacchi di panico potrebbe avere molto in comune con una malattia che affligge soprattutto gli abitanti delle grandi metropoli e che a cinquantanni dalla sua individuazione non ha ancora trovato una spiegazione soddisfacente nè una cura definitiva l'ipersensibilità generalizata alle sostanze chimiche (Mcs) chiamata anche intolleranza ambientale innata (lei).
I sintomi di questa malattia sono scatenati dall'esposizione a sostanze assai comuni, come i profumi, i detersivi, il fumo di sigaretta, il gas di scarico delle automobili, la polvere dei tappeti e altro ancora. Chi ne è colpito può andare incontro ad attacchi di cefalea, reazioni allergiche a livello cutaneo, ma anche a sensazioni di confusione affaticamento sensazione di "fame d'aria" cioè di improvvisa mancanza del respiro e soprattutto una sensazione di terrore che sembra assai simile a quella che accusano i soggetti colpiti da disturbo da attacchi di panico.
Secondo i ricercatori canadesi molti casi di ipersensibilità generalizzata alle sostanze chimiche potrebbero essere in realtà veri e propri attacchi di panico (così era nel 71% dei casi presi in esame dallo studio canadese).
Se nell'intolleranza ambientale non si riesce a trovare una causa scatenante, sarebbe forse meglio ricorrere anche alla valutazione di uno psichiatra, tanto più che uno studio comparso nel 1999 sulla rivista specialistica "Pharmacopsychiatry" ha indicato come il virus del "morbo di Borna" possa invadere l'organismo anche attraverso le diramazioni delle cellule nervose del sistema olfattivo.
Si tratta soltanto di una coincidenza?
Tra attacchi di panico e intolleranza ambientale
molte coincidenze da approfondire
Secondo uno studio dell'Università canadese di Toronto pubblicato sulla rivista "Journal of Allergy and Clinical Immunology", il disturbo da attacchi di panico potrebbe avere molto in comune con una malattia che affligge soprattutto gli abitanti delle grandi metropoli e che a cinquantanni dalla sua individuazione non ha ancora trovato una spiegazione soddisfacente nè una cura definitiva l'ipersensibilità generalizata alle sostanze chimiche (Mcs) chiamata anche intolleranza ambientale innata (lei).
I sintomi di questa malattia sono scatenati dall'esposizione a sostanze assai comuni, come i profumi, i detersivi, il fumo di sigaretta, il gas di scarico delle automobili, la polvere dei tappeti e altro ancora. Chi ne è colpito può andare incontro ad attacchi di cefalea, reazioni allergiche a livello cutaneo, ma anche a sensazioni di confusione affaticamento sensazione di "fame d'aria" cioè di improvvisa mancanza del respiro e soprattutto una sensazione di terrore che sembra assai simile a quella che accusano i soggetti colpiti da disturbo da attacchi di panico.
Secondo i ricercatori canadesi molti casi di ipersensibilità generalizzata alle sostanze chimiche potrebbero essere in realtà veri e propri attacchi di panico (così era nel 71% dei casi presi in esame dallo studio canadese).
Se nell'intolleranza ambientale non si riesce a trovare una causa scatenante, sarebbe forse meglio ricorrere anche alla valutazione di uno psichiatra, tanto più che uno studio comparso nel 1999 sulla rivista specialistica "Pharmacopsychiatry" ha indicato come il virus del "morbo di Borna" possa invadere l'organismo anche attraverso le diramazioni delle cellule nervose del sistema olfattivo.
Si tratta soltanto di una coincidenza?