Mieloma - Mieloma multiplo
Categoria: tumore del sangue
Descrizione
È un tumore del sangue che origina dalle plasmacellule, cellule localizzate prevalentemente nel midollo osseo.
Il midollo osseo si trova nelle vertebre, cranio, bacino e costole, e ha la funzione di produrre i diversi tipi di cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine).
Le plasmacellule sono specializzate nella produzione delle immunoglobuline (anticorpi) e ci permettono di difenderci dalle infezioni. Quando la loro crescita è eccessiva e fuori controllo si manifesta il tumore che può influenzare anche la produzione di altre cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine) causando difetti di coagulazione, anemia o ridotte difese immunitarie.
Le plasmacellule tumorali producono un unico tipo di immunoglobuline (componente monoclonale), riversato in grande quantità nel sangue e facilmente identificabile con i normali esami di laboratorio (elettroforesi). Le cellule di mieloma possono produrre anche una sostanza che stimola gli osteoclasti, favorendo così la distruzione del tessuto osseo e causando fratture.
Quante persone colpisce
Il mieloma è un tumore relativamente raro. L’incidenza in Italia è di 4400 nuovi casi ogni anno (2.300 fra gli uomini e 2.100 fra le donne). Il mieloma multiplo rappresenta l’1,2% di tutti i tumori diagnosticati tra gli uomini nel nostro Paese e l’1,3% tra le donne.
Il mieloma è il secondo tumore del sangue dopo il linfoma non-Hodgkin. L’incidenza della malattia aumenta con l'età: è più frequente negli over 60, solo il 5-10% dei pazienti è under 40. Sono più colpiti gli uomini rispetto alle donne (rapporto 3:2).
Negli ultimi anni i nuovi casi sono aumentati, per le migliori tecniche diagnostiche e, in parte, per l'impatto di alcuni fattori ambientali quali l'esposizione a sostanze chimiche tossiche.
È un tumore del sangue che origina dalle plasmacellule, cellule localizzate prevalentemente nel midollo osseo.
Il midollo osseo si trova nelle vertebre, cranio, bacino e costole, e ha la funzione di produrre i diversi tipi di cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine).
Le plasmacellule sono specializzate nella produzione delle immunoglobuline (anticorpi) e ci permettono di difenderci dalle infezioni. Quando la loro crescita è eccessiva e fuori controllo si manifesta il tumore che può influenzare anche la produzione di altre cellule del sangue (globuli bianchi, globuli rossi e piastrine) causando difetti di coagulazione, anemia o ridotte difese immunitarie.
Le plasmacellule tumorali producono un unico tipo di immunoglobuline (componente monoclonale), riversato in grande quantità nel sangue e facilmente identificabile con i normali esami di laboratorio (elettroforesi). Le cellule di mieloma possono produrre anche una sostanza che stimola gli osteoclasti, favorendo così la distruzione del tessuto osseo e causando fratture.
Quante persone colpisce
Il mieloma è un tumore relativamente raro. L’incidenza in Italia è di 4400 nuovi casi ogni anno (2.300 fra gli uomini e 2.100 fra le donne). Il mieloma multiplo rappresenta l’1,2% di tutti i tumori diagnosticati tra gli uomini nel nostro Paese e l’1,3% tra le donne.
Il mieloma è il secondo tumore del sangue dopo il linfoma non-Hodgkin. L’incidenza della malattia aumenta con l'età: è più frequente negli over 60, solo il 5-10% dei pazienti è under 40. Sono più colpiti gli uomini rispetto alle donne (rapporto 3:2).
Negli ultimi anni i nuovi casi sono aumentati, per le migliori tecniche diagnostiche e, in parte, per l'impatto di alcuni fattori ambientali quali l'esposizione a sostanze chimiche tossiche.
Come si manifesta
I sintomi non sono caratteristici, ma eterogenei.
In un terzo dei casi la diagnosi è casuale, dopo esami del sangue di routine che evidenziano la componente monoclonale. L’eccessiva liberazione in circolo di questa immunoglobulina può favorirne l’accumulo nel tubulo renale e di conseguenza causare insufficienza renale e proteinuria.
Quando il mieloma è sintomatico, si possono avere dolori alle ossa (50% dei casi) e insufficienza renale (10-20%), oppure manifestazioni caratteristiche causate dall’eccessiva produzione di plasmacellule nel midollo osseo (anemia, piastrinopenia) e predisposizione alle infezioni per riduzione dei globuli bianchi (leucopenia), in particolare dei neutrofili (neutropenia), o al danno alle ossa (osteolisi), che può portare a rilascio di calcio nel sangue con ipercalcemia.
Cause e fattori di rischio
Le cause del mieloma non sono ancora completamente chiare. Non è una malattia ereditaria, anche se la predisposizione genetica individuale gioca un ruolo importante. È noto che l’esposizione ad alcune sostanze chimiche (derivati petrolchimici, insetticidi o erbicidi utilizzati in agricoltura), a radiazioni o a certi virus potrebbe aumentare il rischio di sviluppare la malattia. Anche l’obesità è un fattore di rischio.
Una comune anomalia della produzione di immunoglobuline, la gammopatia monoclonale di origine incerta (MGUS), caratterizzata da eccessiva produzione di anticorpi che formano un picco nella 'regione gamma' del tracciato elettroforetico, sembra rappresentare una forma precancerosa della malattia, di difficile distinzione tra malattia benigna o maligna iniziale. I pazienti che la manifestano sono sottoposti a sorveglianza, perché il rischio di trasformazione in mieloma multiplo è dell’1% l’anno.
La diagnosi
La diagnosi precoce è difficile perché molti pazienti non presentano sintomi fino allo stadio avanzato della malattia o manifestano disturbi generici, che potrebbero essere causati da altre patologie.
L’esame del sangue e delle urine può fornire una prima indicazione della presenza di tumore delle plasmacellule, attraverso l’osservazione di elevati livelli di immunoglobuline. Bassi livelli di emoglobina e piastrine possono essere indicativi, così come quelli di albumina, se il tumore è in stadio avanzato. Anche alti livelli di beta-2 microglobulina e di calcio possono essere indicativi.
La biopsia del midollo osseo, fondamentale per la diagnosi di mieloma, consiste nel prelievo di un frammento di midollo e di osso con una siringa, seguito dalla ricerca di cellule tumorali nell’aspirato midollare.
La diagnosi si completa con ulteriori esami specifici di diagnostica per immagini, come radiografie, tomografia, risonanza magnetica e PET.
I tipi di mieloma
Il mieloma multiplo si può presentare in varie forme:
Mieloma multiplo: è il più comune, le plasmacellule tumorali sono localizzate prevalentemente nel midollo osseo e producono una grande quantità di anticorpo, la componente monoclonale, che si riversa in circolo;
Mieloma micromolecolare: le plasmacellule producono solo catene leggere di immunoglobuline (anticorpi);
Mieloma non secernente: le plasmacellule non producono anticorpi, ma sono presenti in quantità eccessiva;
Plasmocitoma solitario: accumulo di plasmacellule che si localizza solo in un osso o in una sede extra-midollare;
Leucemia plasmacellulare: caratterizzata da elevati livelli di plasmacellule nel sangue;
Mieloma indolente: è asintomatico, non presenta lesioni alle ossa o in altri organi.
I sintomi non sono caratteristici, ma eterogenei.
In un terzo dei casi la diagnosi è casuale, dopo esami del sangue di routine che evidenziano la componente monoclonale. L’eccessiva liberazione in circolo di questa immunoglobulina può favorirne l’accumulo nel tubulo renale e di conseguenza causare insufficienza renale e proteinuria.
Quando il mieloma è sintomatico, si possono avere dolori alle ossa (50% dei casi) e insufficienza renale (10-20%), oppure manifestazioni caratteristiche causate dall’eccessiva produzione di plasmacellule nel midollo osseo (anemia, piastrinopenia) e predisposizione alle infezioni per riduzione dei globuli bianchi (leucopenia), in particolare dei neutrofili (neutropenia), o al danno alle ossa (osteolisi), che può portare a rilascio di calcio nel sangue con ipercalcemia.
Cause e fattori di rischio
Le cause del mieloma non sono ancora completamente chiare. Non è una malattia ereditaria, anche se la predisposizione genetica individuale gioca un ruolo importante. È noto che l’esposizione ad alcune sostanze chimiche (derivati petrolchimici, insetticidi o erbicidi utilizzati in agricoltura), a radiazioni o a certi virus potrebbe aumentare il rischio di sviluppare la malattia. Anche l’obesità è un fattore di rischio.
Una comune anomalia della produzione di immunoglobuline, la gammopatia monoclonale di origine incerta (MGUS), caratterizzata da eccessiva produzione di anticorpi che formano un picco nella 'regione gamma' del tracciato elettroforetico, sembra rappresentare una forma precancerosa della malattia, di difficile distinzione tra malattia benigna o maligna iniziale. I pazienti che la manifestano sono sottoposti a sorveglianza, perché il rischio di trasformazione in mieloma multiplo è dell’1% l’anno.
La diagnosi
La diagnosi precoce è difficile perché molti pazienti non presentano sintomi fino allo stadio avanzato della malattia o manifestano disturbi generici, che potrebbero essere causati da altre patologie.
L’esame del sangue e delle urine può fornire una prima indicazione della presenza di tumore delle plasmacellule, attraverso l’osservazione di elevati livelli di immunoglobuline. Bassi livelli di emoglobina e piastrine possono essere indicativi, così come quelli di albumina, se il tumore è in stadio avanzato. Anche alti livelli di beta-2 microglobulina e di calcio possono essere indicativi.
La biopsia del midollo osseo, fondamentale per la diagnosi di mieloma, consiste nel prelievo di un frammento di midollo e di osso con una siringa, seguito dalla ricerca di cellule tumorali nell’aspirato midollare.
La diagnosi si completa con ulteriori esami specifici di diagnostica per immagini, come radiografie, tomografia, risonanza magnetica e PET.
I tipi di mieloma
Il mieloma multiplo si può presentare in varie forme:
Mieloma multiplo: è il più comune, le plasmacellule tumorali sono localizzate prevalentemente nel midollo osseo e producono una grande quantità di anticorpo, la componente monoclonale, che si riversa in circolo;
Mieloma micromolecolare: le plasmacellule producono solo catene leggere di immunoglobuline (anticorpi);
Mieloma non secernente: le plasmacellule non producono anticorpi, ma sono presenti in quantità eccessiva;
Plasmocitoma solitario: accumulo di plasmacellule che si localizza solo in un osso o in una sede extra-midollare;
Leucemia plasmacellulare: caratterizzata da elevati livelli di plasmacellule nel sangue;
Mieloma indolente: è asintomatico, non presenta lesioni alle ossa o in altri organi.
Esami
L’IMMUNOTERAPIA DEI TUMORI
L’immunoterapia è la pratica di sfruttare le difese naturali del corpo - il sistema immunitario - contro tutti i tipi di malattie, incluso il cancro.
L’immunoterapia applicata al trattamento dei tumori è definita anche immuno-oncologia ed è la nuova arma a disposizione dell’oncologo medico: si affianca alle terapie tradizionali - chirurgia, radioterapia e chemioterapia - e contrasta la malattia attraverso la stimolazione del sistema immunitario.
Se un batterio, un virus o un antigene tumorale invadono l’organismo, il sistema immunitario si attiva per espellere il corpo estraneo e, una volta esaurito il suo compito, si ‘spegne’. Nel cancro, le cellule maligne possono evadere attraverso vari meccanismi il controllo immunitario, ‘arrestando’ la risposta immune e continuando a replicarsi. Con l’immunoterapia è quindi possibile bloccare uno dei meccanismi di disattivazione e mantenere sempre accesa la risposta difensiva, per contrastare il tumore.
La maggior parte delle immunoterapie oncologiche agisce specificamente sui linfociti, modificandone o influenzandone la funzione nel sistema immunitario. I linfociti si distinguono in tre sottopopolazioni: le cellule T (T killer, T helper, di memoria e regolatorie, o soppressorie), le cellule B, che producono gli anticorpi, e le cellule natural killer (NK), che sono meno numerose delle cellule T killer e non così specifiche.
Altri immunoterapici invece hanno come target le cellule che presentano l’antigene (antigen-presenting cells, APC), che, dal loro stesso nome, agiscono esponendo sulla loro superficie gli antigeni, cioè sostanze estranee, batteri, virus o componenti alterati della cellula, in grado di scatenare una risposta del sistema immunitario.
Come agisce l’immunoterapia
• Il sistema immunitario lotta contro tutti i tipi di malattie che possono colpire l’organismo, incluso il cancro, identificando e distruggendo le cellule tumorali nello stesso modo in cui colpirebbe qualsiasi altra malattia che si insinua nel corpo e causa danno
• Quando il sistema immunitario rileva batteri, virus, un agente patogeno o altre malattie, come il cancro, attiva un processo di produzione di cellule che agiscono distruggendo la malattia che invade il nostro organismo
• Le cellule che il sistema immunitario produce per scovare e distruggere i microorganismi che causano la malattia sono chiamate cellule T
L'immuno-oncologia è l'area dell'immunoterapia specifica per il cancro
• Le terapie immuno-oncologiche interagiscono con il sistema immunitario per stimolare la produzione e l'attivazione delle cellule T (o linfociti T), che a loro volta identificano e distruggono le cellule tumorali per prevenire la diffusione del tumore
• Talvolta, tuttavia, le cellule tumorali riescono ad adattarsi e non sono riconosciute dal sistema immunitario, secondo un processo denominato “escape” immunitario, che permette al tumore di diffondersi
• Un aspetto della ricerca immuno-oncologica include inoltre lo studio di come i tumori riescono ad adattarsi per evitare la loro distruzione e non essere riconosciuti dal sistema immunitario, limitando così l’efficacia di alcuni trattamenti
• Analogamente, i ricercatori stanno anche studiando vie che possano potenziare la produzione di cellule T, così come quelle vie che inibiscono la rapida crescita delle stesse cellule T e la loro capacità di distruggere le cellule tumorali
Il tempo di latenza
Un farmaco immuno-oncologico non genera risultati visibili nell’immediato, poiché non colpisce direttamente le cellule tumorali, ma va ad attivare il sistema immunitario per ottenere la risposta desiderata. Il reale beneficio clinico non deve quindi essere valutato nei tempi e con le metodiche standard della terapia oncologica “classica”. Infatti è possibile notare un iniziale aumento della massa tumorale, seguito solo in un secondo tempo da una riduzione.
In alcuni casi, possono trascorrere anche 16-20 settimane perché si possa evidenziare radiologicamente una risposta. Una volta che ciò è avvenuto, però, si instaura una “memoria immunologica”, per cui le risposte o le stabilità di malattia possono essere durature nel tempo, con un chiaro impatto sulla sopravvivenza dei pazienti.
Un’altra differenza importante rispetto alle terapie “classiche” è che, col tempo, queste ultime possono selezionare ceppi di cellule tumorali con una maggiore resistenza ai farmaci, con una conseguente evoluzione rapida della neoplasia. Nel caso dell’immunoterapia, invece, non agendo direttamente sulla cellula tumorale, ma sul sistema immunitario, non avviene tale selezione e, anche quando la malattia progredisce, l’evoluzione tende ad essere più lenta.
Gli effetti collaterali
Gli effetti collaterali sono generalmente un riflesso del meccanismo d’azione di una terapia, di qualsiasi tipo, anche la più “banale”. Per questo, gli eventi avversi osservati con l’immuno-oncologia sono diversi da quelli che si manifestano con la chemioterapia tradizionale. Con l’immuno-oncologia il potenziamento della nostra ‘sorveglianza’ può portare ad un aumento dei meccanismi ‘di difesa’ in altre parti del corpo, in cui lo stimolo non è necessario. Ciò può causare, ad esempio, un’infiammazione temporanea a livello gastrointestinale o sulla pelle, sotto forma di eruzioni cutanee. La tossicità da immuno-terapie risulta tuttavia facilmente gestibile grazie a specifici algoritmi terapeutici.
L’immuno-oncologia nel trattamento del mieloma multiplo
L’immuno-oncologia è utilizzata anche nella terapia del mieloma multiplo. In particolare, elotuzumab, anticorpo sperimentale immuno-stimolante, ha dimostrato di ridurre del 30% il rischio di progressione del mieloma multiplo o di morte. I dati emergono da ELOQUENT-2, studio randomizzato di fase III in aperto, pubblicato lo scorso giugno nell'edizione online del New England Journal of Medicine. E l’Italia ha svolto un ruolo di primo piano in questo studio. ELOQUENT-2 ha valutato elotuzumab in combinazione con il trattamento standard lenalidomide e desametasone rispetto a lenalidomide e desametasone nel mieloma multiplo in recidiva o refrattario. Lo studio ha dimostrato un aumento della sopravvivenza libera da progressione e della risposta obiettiva.
Elotuzumab è un anticorpo sperimentale immuno-stimolante che ha come bersaglio SLAMF7 (Signaling Lymphocyte Activation Molecule Family 7), una glicoproteina di superficie altamente e uniformemente espressa nelle cellule di mieloma e sulle cellule Natural Killer (NK), ma non nei tessuti normali o nelle cellule staminali ematopoietiche. Elotuzumab è attualmente in sperimentazione per valutare se la molecola possa selettivamente colpire le cellule di mieloma. Si pensa che elotuzumab agisca attraverso un duplice meccanismo d'azione: legandosi a SLAMF7 sulle cellule NK, le attiva direttamente, e legandosi a SLAMF7 sulle cellule di mieloma, le rende sensibili al riconoscimento e alla distruzione da parte delle cellule NK.
A maggio 2014, la Food and Drug Administration (FDA) ha concesso ad elotuzumab la designazione di 'Breakthrough Therapy' per l'utilizzo in combinazione con uno dei trattamenti per il mieloma multiplo (lenalidomide, usato in combinazione con desametasone) nei pazienti che avevano ricevuto uno o più linee di terapia precedenti. Elotuzumab è una molecola sperimentale e la sua sicurezza ed efficacia non sono state valutate dalla FDA o da altra autorità regolatoria sanitaria.
L’IMMUNOTERAPIA DEI TUMORI
L’immunoterapia è la pratica di sfruttare le difese naturali del corpo - il sistema immunitario - contro tutti i tipi di malattie, incluso il cancro.
L’immunoterapia applicata al trattamento dei tumori è definita anche immuno-oncologia ed è la nuova arma a disposizione dell’oncologo medico: si affianca alle terapie tradizionali - chirurgia, radioterapia e chemioterapia - e contrasta la malattia attraverso la stimolazione del sistema immunitario.
Se un batterio, un virus o un antigene tumorale invadono l’organismo, il sistema immunitario si attiva per espellere il corpo estraneo e, una volta esaurito il suo compito, si ‘spegne’. Nel cancro, le cellule maligne possono evadere attraverso vari meccanismi il controllo immunitario, ‘arrestando’ la risposta immune e continuando a replicarsi. Con l’immunoterapia è quindi possibile bloccare uno dei meccanismi di disattivazione e mantenere sempre accesa la risposta difensiva, per contrastare il tumore.
La maggior parte delle immunoterapie oncologiche agisce specificamente sui linfociti, modificandone o influenzandone la funzione nel sistema immunitario. I linfociti si distinguono in tre sottopopolazioni: le cellule T (T killer, T helper, di memoria e regolatorie, o soppressorie), le cellule B, che producono gli anticorpi, e le cellule natural killer (NK), che sono meno numerose delle cellule T killer e non così specifiche.
Altri immunoterapici invece hanno come target le cellule che presentano l’antigene (antigen-presenting cells, APC), che, dal loro stesso nome, agiscono esponendo sulla loro superficie gli antigeni, cioè sostanze estranee, batteri, virus o componenti alterati della cellula, in grado di scatenare una risposta del sistema immunitario.
Come agisce l’immunoterapia
• Il sistema immunitario lotta contro tutti i tipi di malattie che possono colpire l’organismo, incluso il cancro, identificando e distruggendo le cellule tumorali nello stesso modo in cui colpirebbe qualsiasi altra malattia che si insinua nel corpo e causa danno
• Quando il sistema immunitario rileva batteri, virus, un agente patogeno o altre malattie, come il cancro, attiva un processo di produzione di cellule che agiscono distruggendo la malattia che invade il nostro organismo
• Le cellule che il sistema immunitario produce per scovare e distruggere i microorganismi che causano la malattia sono chiamate cellule T
L'immuno-oncologia è l'area dell'immunoterapia specifica per il cancro
• Le terapie immuno-oncologiche interagiscono con il sistema immunitario per stimolare la produzione e l'attivazione delle cellule T (o linfociti T), che a loro volta identificano e distruggono le cellule tumorali per prevenire la diffusione del tumore
• Talvolta, tuttavia, le cellule tumorali riescono ad adattarsi e non sono riconosciute dal sistema immunitario, secondo un processo denominato “escape” immunitario, che permette al tumore di diffondersi
• Un aspetto della ricerca immuno-oncologica include inoltre lo studio di come i tumori riescono ad adattarsi per evitare la loro distruzione e non essere riconosciuti dal sistema immunitario, limitando così l’efficacia di alcuni trattamenti
• Analogamente, i ricercatori stanno anche studiando vie che possano potenziare la produzione di cellule T, così come quelle vie che inibiscono la rapida crescita delle stesse cellule T e la loro capacità di distruggere le cellule tumorali
Il tempo di latenza
Un farmaco immuno-oncologico non genera risultati visibili nell’immediato, poiché non colpisce direttamente le cellule tumorali, ma va ad attivare il sistema immunitario per ottenere la risposta desiderata. Il reale beneficio clinico non deve quindi essere valutato nei tempi e con le metodiche standard della terapia oncologica “classica”. Infatti è possibile notare un iniziale aumento della massa tumorale, seguito solo in un secondo tempo da una riduzione.
In alcuni casi, possono trascorrere anche 16-20 settimane perché si possa evidenziare radiologicamente una risposta. Una volta che ciò è avvenuto, però, si instaura una “memoria immunologica”, per cui le risposte o le stabilità di malattia possono essere durature nel tempo, con un chiaro impatto sulla sopravvivenza dei pazienti.
Un’altra differenza importante rispetto alle terapie “classiche” è che, col tempo, queste ultime possono selezionare ceppi di cellule tumorali con una maggiore resistenza ai farmaci, con una conseguente evoluzione rapida della neoplasia. Nel caso dell’immunoterapia, invece, non agendo direttamente sulla cellula tumorale, ma sul sistema immunitario, non avviene tale selezione e, anche quando la malattia progredisce, l’evoluzione tende ad essere più lenta.
Gli effetti collaterali
Gli effetti collaterali sono generalmente un riflesso del meccanismo d’azione di una terapia, di qualsiasi tipo, anche la più “banale”. Per questo, gli eventi avversi osservati con l’immuno-oncologia sono diversi da quelli che si manifestano con la chemioterapia tradizionale. Con l’immuno-oncologia il potenziamento della nostra ‘sorveglianza’ può portare ad un aumento dei meccanismi ‘di difesa’ in altre parti del corpo, in cui lo stimolo non è necessario. Ciò può causare, ad esempio, un’infiammazione temporanea a livello gastrointestinale o sulla pelle, sotto forma di eruzioni cutanee. La tossicità da immuno-terapie risulta tuttavia facilmente gestibile grazie a specifici algoritmi terapeutici.
L’immuno-oncologia nel trattamento del mieloma multiplo
L’immuno-oncologia è utilizzata anche nella terapia del mieloma multiplo. In particolare, elotuzumab, anticorpo sperimentale immuno-stimolante, ha dimostrato di ridurre del 30% il rischio di progressione del mieloma multiplo o di morte. I dati emergono da ELOQUENT-2, studio randomizzato di fase III in aperto, pubblicato lo scorso giugno nell'edizione online del New England Journal of Medicine. E l’Italia ha svolto un ruolo di primo piano in questo studio. ELOQUENT-2 ha valutato elotuzumab in combinazione con il trattamento standard lenalidomide e desametasone rispetto a lenalidomide e desametasone nel mieloma multiplo in recidiva o refrattario. Lo studio ha dimostrato un aumento della sopravvivenza libera da progressione e della risposta obiettiva.
Elotuzumab è un anticorpo sperimentale immuno-stimolante che ha come bersaglio SLAMF7 (Signaling Lymphocyte Activation Molecule Family 7), una glicoproteina di superficie altamente e uniformemente espressa nelle cellule di mieloma e sulle cellule Natural Killer (NK), ma non nei tessuti normali o nelle cellule staminali ematopoietiche. Elotuzumab è attualmente in sperimentazione per valutare se la molecola possa selettivamente colpire le cellule di mieloma. Si pensa che elotuzumab agisca attraverso un duplice meccanismo d'azione: legandosi a SLAMF7 sulle cellule NK, le attiva direttamente, e legandosi a SLAMF7 sulle cellule di mieloma, le rende sensibili al riconoscimento e alla distruzione da parte delle cellule NK.
A maggio 2014, la Food and Drug Administration (FDA) ha concesso ad elotuzumab la designazione di 'Breakthrough Therapy' per l'utilizzo in combinazione con uno dei trattamenti per il mieloma multiplo (lenalidomide, usato in combinazione con desametasone) nei pazienti che avevano ricevuto uno o più linee di terapia precedenti. Elotuzumab è una molecola sperimentale e la sua sicurezza ed efficacia non sono state valutate dalla FDA o da altra autorità regolatoria sanitaria.
Terapia
Le terapie del Mieloma multiplo sintomatico
Lo scopo del trattamento è costituito dal controllo della patologia e dal miglioramento della qualità della vita e della sopravvivenza, che si possono ottenere con la combinazione di trattamenti efficaci ed un’adeguata terapia di supporto. L’introduzione di nuovi farmaci (talidomide, lenalidomide e bortezomib, spesso in combinazione con prednisone o desametasone) ha comportato un miglioramento della sopravvivenza, sia nei pazienti di nuova diagnosi che in quelli che presentano recidiva della malattia.
La terapia del mieloma multiplo si è basata per molti decenni sulla somministrazione di chemioterapici a basse dosi, con l’eventuale aggiunta della radioterapia. I risultati ottenuti sono stati modesti, per l’elevata resistenza dei linfociti e delle plasmacellule ai trattamenti utilizzati.
La somministrazione di farmaci chemioterapici ad alte dosi con successivo trapianto di cellule staminali (in grado di ricostituire il tessuto midollare distrutto dal trattamento) ha migliorato i risultati. Il trapianto può essere eseguito utilizzando le cellule staminali del paziente (trapianto autologo) o di un donatore sano (trapianto allogenico).
Il trapianto allogenico trova attualmente indicazione in una piccola parte di pazienti con età inferiore a 55 anni, disponibilità di un donatore HLA identico (familiare o dalla banca internazionale dei donatori di midollo) e con malattia molto aggressiva per la presenza di alterazioni cromosomiche sfavorevoli, di elevati livelli di una proteina ematica (beta-2 microglobulina) e riduzione dell’albumina sierica.
Il trapianto autologo trova invece indicazione in tutti i pazienti, con età inferiore a 65 anni, in cui le condizioni cliniche generali lo permettano.
Dopo vari anni in cui i pazienti venivano avviati ad una singola linea di chemioterapia ad alte dosi con re-infusione di cellule staminali autologhe, evidenze cliniche hanno suggerito che l’esecuzione di due successivi trapianti autologhi, a distanza di 3-4 mesi l’uno dall’altro, potesse offrire maggiori vantaggi terapeutici rispetto al singolo trapianto, senza comportare alcun rischio aggiuntivo in termini di mortalità. Ad oggi, 4 grandi studi europei e uno studio nordamericano hanno dimostrato la superiorità del doppio trapianto autologo nei confronti del singolo autotrapianto in termini di durata di controllo della malattia e di sopravvivenza.
Generalmente, gli over 65 sono esclusi dal trapianto. Questa è diventata una convenzione, non necessariamente applicabile in qualunque situazione. Infatti, possono esservi pazienti con età superiore a 65 anni ma in ottime condizioni fisiche in grado di affrontare un trapianto autologo, allo stesso modo pazienti più giovani possono presentare patologie associate che precludano il trapianto. Malgrado questi limiti, convenzionalmente, per i pazienti under 65 la procedura trapiantologica è considerata lo standard; per quelli con età compresa fra 65 e 70 anni può essere presa in considerazione; sopra i 70 anni è sconsigliata perché i rischi legati alla procedura superano i possibili benefici.
La terapia per i pazienti con età superiore a 70 anni era basata sulla chemioterapia convenzionale (melfalan, in combinazione con il prednisone, vincristina o doxorubicina). Negli ultimi anni, la terapia del mieloma multiplo si è invece arricchita di alcuni farmaci non chemioterapici, tra cui talidomide/lenalidomide e bortezomib. Questi farmaci, a differenza dei chemioterapici convenzionali, hanno un’azione diretta sia verso le plasmacellule che verso il “microambiente midollare”, cioè il terreno in cui le plasmacellule vivono e da cui traggono il nutrimento, riuscendo in questo modo a interrompere i “circuiti” che spesso sono responsabili della perdita di risposta ai farmaci convenzionali.
La terapia di supporto
La radioterapia viene utilizzata soltanto per il controllo del dolore associato alle localizzazioni ossee o nel caso sia presente una localizzazione extramidollare, cioè in una sede diversa dal midollo osseo dove le plasmacellule risiedono fisiologicamente. Un ruolo importante è svolto anche dalla terapia di supporto che affianca la chemioterapia: include l’uso di eritropoietina per la correzione dell’anemia, dei fattori di crescita per aumentare i globuli bianchi e per mobilizzare le cellule staminali e dei bifosfonati per arrestare la demineralizzazione ossea.
Mieloma multiplo asintomatico
La definizione di mieloma multiplo asintomatico descrive una malattia in assenza di segni e sintomi attribuibili alla patologia (anemia, ipercalcemia, insufficienza renale, lesioni ossee). Il mieloma multiplo asintomatico ha spesso una lenta evoluzione e non richiede trattamento per molti anni. Il rischio di evoluzione è circa del 10% (per anno) nei primi 5 anni dalla diagnosi e si riduce successivamente. In questi pazienti viene consigliata una sorveglianza clinico-strumentale ogni 3-6 mesi, per evidenziarne precocemente l’eventuale evoluzione a malattia sintomatica. Nel mieloma multiplo asintomatico nessun trattamento chemioterapico preventivo ha consentito di evitare l’evoluzione verso la malattia sintomatica.
Bibliografia
1. Ematologia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Università degli Studi di Pavia
http://www.ematologia-pavia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=113&Itemid=83
2. Linee Guida AIOM – Mieloma (2014)
3. Istituto di Ematologia “Lorenzo e Ariosto Seragnoli”, Università degli Studi di Bologna, Mieloma Multiplo
http://www.ematbo.unibo.it/ricerca/mieloma.asp
Le terapie del Mieloma multiplo sintomatico
Lo scopo del trattamento è costituito dal controllo della patologia e dal miglioramento della qualità della vita e della sopravvivenza, che si possono ottenere con la combinazione di trattamenti efficaci ed un’adeguata terapia di supporto. L’introduzione di nuovi farmaci (talidomide, lenalidomide e bortezomib, spesso in combinazione con prednisone o desametasone) ha comportato un miglioramento della sopravvivenza, sia nei pazienti di nuova diagnosi che in quelli che presentano recidiva della malattia.
La terapia del mieloma multiplo si è basata per molti decenni sulla somministrazione di chemioterapici a basse dosi, con l’eventuale aggiunta della radioterapia. I risultati ottenuti sono stati modesti, per l’elevata resistenza dei linfociti e delle plasmacellule ai trattamenti utilizzati.
La somministrazione di farmaci chemioterapici ad alte dosi con successivo trapianto di cellule staminali (in grado di ricostituire il tessuto midollare distrutto dal trattamento) ha migliorato i risultati. Il trapianto può essere eseguito utilizzando le cellule staminali del paziente (trapianto autologo) o di un donatore sano (trapianto allogenico).
Il trapianto allogenico trova attualmente indicazione in una piccola parte di pazienti con età inferiore a 55 anni, disponibilità di un donatore HLA identico (familiare o dalla banca internazionale dei donatori di midollo) e con malattia molto aggressiva per la presenza di alterazioni cromosomiche sfavorevoli, di elevati livelli di una proteina ematica (beta-2 microglobulina) e riduzione dell’albumina sierica.
Il trapianto autologo trova invece indicazione in tutti i pazienti, con età inferiore a 65 anni, in cui le condizioni cliniche generali lo permettano.
Dopo vari anni in cui i pazienti venivano avviati ad una singola linea di chemioterapia ad alte dosi con re-infusione di cellule staminali autologhe, evidenze cliniche hanno suggerito che l’esecuzione di due successivi trapianti autologhi, a distanza di 3-4 mesi l’uno dall’altro, potesse offrire maggiori vantaggi terapeutici rispetto al singolo trapianto, senza comportare alcun rischio aggiuntivo in termini di mortalità. Ad oggi, 4 grandi studi europei e uno studio nordamericano hanno dimostrato la superiorità del doppio trapianto autologo nei confronti del singolo autotrapianto in termini di durata di controllo della malattia e di sopravvivenza.
Generalmente, gli over 65 sono esclusi dal trapianto. Questa è diventata una convenzione, non necessariamente applicabile in qualunque situazione. Infatti, possono esservi pazienti con età superiore a 65 anni ma in ottime condizioni fisiche in grado di affrontare un trapianto autologo, allo stesso modo pazienti più giovani possono presentare patologie associate che precludano il trapianto. Malgrado questi limiti, convenzionalmente, per i pazienti under 65 la procedura trapiantologica è considerata lo standard; per quelli con età compresa fra 65 e 70 anni può essere presa in considerazione; sopra i 70 anni è sconsigliata perché i rischi legati alla procedura superano i possibili benefici.
La terapia per i pazienti con età superiore a 70 anni era basata sulla chemioterapia convenzionale (melfalan, in combinazione con il prednisone, vincristina o doxorubicina). Negli ultimi anni, la terapia del mieloma multiplo si è invece arricchita di alcuni farmaci non chemioterapici, tra cui talidomide/lenalidomide e bortezomib. Questi farmaci, a differenza dei chemioterapici convenzionali, hanno un’azione diretta sia verso le plasmacellule che verso il “microambiente midollare”, cioè il terreno in cui le plasmacellule vivono e da cui traggono il nutrimento, riuscendo in questo modo a interrompere i “circuiti” che spesso sono responsabili della perdita di risposta ai farmaci convenzionali.
La terapia di supporto
La radioterapia viene utilizzata soltanto per il controllo del dolore associato alle localizzazioni ossee o nel caso sia presente una localizzazione extramidollare, cioè in una sede diversa dal midollo osseo dove le plasmacellule risiedono fisiologicamente. Un ruolo importante è svolto anche dalla terapia di supporto che affianca la chemioterapia: include l’uso di eritropoietina per la correzione dell’anemia, dei fattori di crescita per aumentare i globuli bianchi e per mobilizzare le cellule staminali e dei bifosfonati per arrestare la demineralizzazione ossea.
Mieloma multiplo asintomatico
La definizione di mieloma multiplo asintomatico descrive una malattia in assenza di segni e sintomi attribuibili alla patologia (anemia, ipercalcemia, insufficienza renale, lesioni ossee). Il mieloma multiplo asintomatico ha spesso una lenta evoluzione e non richiede trattamento per molti anni. Il rischio di evoluzione è circa del 10% (per anno) nei primi 5 anni dalla diagnosi e si riduce successivamente. In questi pazienti viene consigliata una sorveglianza clinico-strumentale ogni 3-6 mesi, per evidenziarne precocemente l’eventuale evoluzione a malattia sintomatica. Nel mieloma multiplo asintomatico nessun trattamento chemioterapico preventivo ha consentito di evitare l’evoluzione verso la malattia sintomatica.
Bibliografia
1. Ematologia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Università degli Studi di Pavia
http://www.ematologia-pavia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=113&Itemid=83
2. Linee Guida AIOM – Mieloma (2014)
3. Istituto di Ematologia “Lorenzo e Ariosto Seragnoli”, Università degli Studi di Bologna, Mieloma Multiplo
http://www.ematbo.unibo.it/ricerca/mieloma.asp
Note
La Società Italiana di Ematologia (SIE), la più antica società scientifica italiana, fu fondata nel 1934 da Adolfo Ferrata, Giovanni Di Guglielmo e Paolo Introzzi ed ufficializzata a Pavia il 23 giugno 1935. Si tratta di una delle prime Società di Ematologia in Europa e nel mondo.
La SIE è sempre stata attivissima e la sua storia, in pratica, è la storia dei numerosi e sostanziali contributi italiani allo sviluppo della moderna ematologia.
È costituita da soci che si sono dati uno statuto con l’intento di sostenere il progresso della ematologia nel settore dell’assistenza ai malati di sangue, della formazione e dell’aggiornamento professionale e della ricerca scientifica.
L’Associazione ha lo scopo di provvedere al progresso e allo sviluppo dell’ematologia, collaborando e curando il coordinamento con le autorità sanitarie europee, nazionali, regionali e locali, con gli istituti di ricerca, con le Università, con gli Ordini professionali, con le altre Società Scientifiche e con le associazioni di volontariato:
a) nel campo igienico-sanitario con particolare riguardo alla prevenzione delle malattie del sangue;
b) nel campo dell’assistenza ai malati di sangue, con particolare riguardo per le funzioni del personale e per le caratteristiche e la qualità delle strutture pubbliche convenzionate e private;
c) nel campo della formazione degli studenti e degli specializzandi, in collaborazione con le Università;
d) nel campo dell’aggiornamento, promuovendo e gestendo attività di aggiornamento professionale e di formazione permanente nei confronti degli associati con programmi annuali di attività formativa ECM;
e) nel campo della ricerca, clinica, applicata e di base, agevolando, mediante pubblicazioni, la diffusione delle ricerche;
f) nel campo della diffusione della cultura ematologica sia a livello scientifico che a livello professionale, organizzando direttamente e favorendo congressi e riunioni anche interdisciplinari ed elaborando e aggiornando linee-guida per la diagnosi e la terapia delle malattie del sangue in collaborazione con l’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (A.S.S.R.) e la F.I.S.M promuovendo studi e ricerche scientifiche finalizzati e rapporti di collaborazione con altre società ed organismi scientifici. web: http://www.siematologia.it
La Società Italiana di Ematologia (SIE), la più antica società scientifica italiana, fu fondata nel 1934 da Adolfo Ferrata, Giovanni Di Guglielmo e Paolo Introzzi ed ufficializzata a Pavia il 23 giugno 1935. Si tratta di una delle prime Società di Ematologia in Europa e nel mondo.
La SIE è sempre stata attivissima e la sua storia, in pratica, è la storia dei numerosi e sostanziali contributi italiani allo sviluppo della moderna ematologia.
È costituita da soci che si sono dati uno statuto con l’intento di sostenere il progresso della ematologia nel settore dell’assistenza ai malati di sangue, della formazione e dell’aggiornamento professionale e della ricerca scientifica.
L’Associazione ha lo scopo di provvedere al progresso e allo sviluppo dell’ematologia, collaborando e curando il coordinamento con le autorità sanitarie europee, nazionali, regionali e locali, con gli istituti di ricerca, con le Università, con gli Ordini professionali, con le altre Società Scientifiche e con le associazioni di volontariato:
a) nel campo igienico-sanitario con particolare riguardo alla prevenzione delle malattie del sangue;
b) nel campo dell’assistenza ai malati di sangue, con particolare riguardo per le funzioni del personale e per le caratteristiche e la qualità delle strutture pubbliche convenzionate e private;
c) nel campo della formazione degli studenti e degli specializzandi, in collaborazione con le Università;
d) nel campo dell’aggiornamento, promuovendo e gestendo attività di aggiornamento professionale e di formazione permanente nei confronti degli associati con programmi annuali di attività formativa ECM;
e) nel campo della ricerca, clinica, applicata e di base, agevolando, mediante pubblicazioni, la diffusione delle ricerche;
f) nel campo della diffusione della cultura ematologica sia a livello scientifico che a livello professionale, organizzando direttamente e favorendo congressi e riunioni anche interdisciplinari ed elaborando e aggiornando linee-guida per la diagnosi e la terapia delle malattie del sangue in collaborazione con l’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali (A.S.S.R.) e la F.I.S.M promuovendo studi e ricerche scientifiche finalizzati e rapporti di collaborazione con altre società ed organismi scientifici. web: http://www.siematologia.it