Tumore del fegato
Descrizione
Il fegato è il più grande organo del corpo ed è responsabile di più di 500 funzioni con cui mantiene sano e pulito l’organismo, come una batteria che trasforma i nutrienti per produrre energia, regolando i livelli ematici di sostanze chimiche e ormoni, contrastando le infezioni e allo stesso tempo degradando altre sostanze perché vengano eliminate attraverso l’intestino. Esistono molti nemici per la salute di quest’organo, dai virus ai disordini genetici, alla quantità eccessiva di tessuto adiposo fino al consumo di alcol. Tra le minacce virali, l’epatite appare come la più comune infezione del fegato al mondo. L’epatite è un’infiammazione acuta o cronica del fegato causata da diversi tipi di infezioni virali che danneggiano la capacità dell’organo di sopperire alle sue funzioni vitali. In particolare le complicazioni possono determinare un calo della capacità di combattere le infezioni, un aumento di tessuto cicatriziale, denominato fibrosi (di grado da medio a moderato), e la sua evoluzione più grave, cioè la cirrosi, fino al tumore primario del fegato.
Le malattie epatiche spesso non mostrano segni o sintomi e le complicanze possono non essere diagnosticate per molti anni.
I tumori primari del fegato (nati cioè nell’organo e non provocati da cellule staccatesi da altri tumori e migrate fino al fegato, le cosiddette metastasi) hanno per lo più inizio dalle cellule interne dell'organo, chiamate epatociti. In questo caso si parla di carcinoma epatocellulare (HCC) o epatocarcinoma; questi tumori tendono a diffondersi alle ossa e ai polmoni.
Fattori di rischio
L’epatite B (HBV) e l’epatite C (HCV) sono le principali cause di tumore del fegato a livello globale. In Italia oltre il 70% dei casi di tumori primitivi del fegato è riconducibile a fattori di rischio noti, in primis collegati alla prevalenza dell’infezione da virus dell’epatite C, che disegna con notevole precisione anche le differenze territoriali di incidenza in ambito nazionale, con un gradiente Sud-Nord atipico rispetto alla maggior parte delle neoplasie. Anche l’infezione da virus dell’epatite B è correlata all’insorgenza della malattia: in ambito nazionale il suo ruolo è prevedibilmente destinato a calare in conseguenza delle campagne di vaccinazione nei nati dal 1978 in poi.
Nelle aree del Nord Italia circa un terzo dei tumori del fegato è attribuibile all’abuso di bevande alcoliche.
Ulteriori fattori di rischio sono rappresentati (specie in Asia orientale e nell’Africa sub-sahariana) dalle aflatossine assunte con l’alimentazione, specialmente in caso di coinfezione da HBV, dall’emocromatosi, dal deficit di α-1-antitripsina, dall’obesità (specie se complicata da presenza di diabete) e dalla steatoepatite non alcolica, anche in assenza di infezione virale.
Anche il tabacco è stato recentemente riconosciuto tra i fattori di rischio.
Il fegato è il più grande organo del corpo ed è responsabile di più di 500 funzioni con cui mantiene sano e pulito l’organismo, come una batteria che trasforma i nutrienti per produrre energia, regolando i livelli ematici di sostanze chimiche e ormoni, contrastando le infezioni e allo stesso tempo degradando altre sostanze perché vengano eliminate attraverso l’intestino. Esistono molti nemici per la salute di quest’organo, dai virus ai disordini genetici, alla quantità eccessiva di tessuto adiposo fino al consumo di alcol. Tra le minacce virali, l’epatite appare come la più comune infezione del fegato al mondo. L’epatite è un’infiammazione acuta o cronica del fegato causata da diversi tipi di infezioni virali che danneggiano la capacità dell’organo di sopperire alle sue funzioni vitali. In particolare le complicazioni possono determinare un calo della capacità di combattere le infezioni, un aumento di tessuto cicatriziale, denominato fibrosi (di grado da medio a moderato), e la sua evoluzione più grave, cioè la cirrosi, fino al tumore primario del fegato.
Le malattie epatiche spesso non mostrano segni o sintomi e le complicanze possono non essere diagnosticate per molti anni.
I tumori primari del fegato (nati cioè nell’organo e non provocati da cellule staccatesi da altri tumori e migrate fino al fegato, le cosiddette metastasi) hanno per lo più inizio dalle cellule interne dell'organo, chiamate epatociti. In questo caso si parla di carcinoma epatocellulare (HCC) o epatocarcinoma; questi tumori tendono a diffondersi alle ossa e ai polmoni.
Fattori di rischio
L’epatite B (HBV) e l’epatite C (HCV) sono le principali cause di tumore del fegato a livello globale. In Italia oltre il 70% dei casi di tumori primitivi del fegato è riconducibile a fattori di rischio noti, in primis collegati alla prevalenza dell’infezione da virus dell’epatite C, che disegna con notevole precisione anche le differenze territoriali di incidenza in ambito nazionale, con un gradiente Sud-Nord atipico rispetto alla maggior parte delle neoplasie. Anche l’infezione da virus dell’epatite B è correlata all’insorgenza della malattia: in ambito nazionale il suo ruolo è prevedibilmente destinato a calare in conseguenza delle campagne di vaccinazione nei nati dal 1978 in poi.
Nelle aree del Nord Italia circa un terzo dei tumori del fegato è attribuibile all’abuso di bevande alcoliche.
Ulteriori fattori di rischio sono rappresentati (specie in Asia orientale e nell’Africa sub-sahariana) dalle aflatossine assunte con l’alimentazione, specialmente in caso di coinfezione da HBV, dall’emocromatosi, dal deficit di α-1-antitripsina, dall’obesità (specie se complicata da presenza di diabete) e dalla steatoepatite non alcolica, anche in assenza di infezione virale.
Anche il tabacco è stato recentemente riconosciuto tra i fattori di rischio.
Come si manifesta
FASI DI PROGRESSIONE DEL TUMORE DEL FEGATO:
Fibrosi: L’infiammazione del tessuto epatico, sia essa da virus, alcol o malattie metaboliche, porta alla formazione di cicatrici da lievi a moderate, finché il tessuto cicatriziale sostituisce il tessuto sano.
Cirrosi: Cicatrici gravi compromettono la funzionalità del fegato poiché il danno si presenta in modo più veloce di quanto possa fare il fegato per guarire. La cirrosi è la causa principale del tumore primario del fegato. L’HCC, in oltre il 90% dei casi, è associato alla cirrosi epatica che rappresenta il più importante fattore di rischio per il suo sviluppo. E’ noto inoltre come il perpetuarsi del danno originario, ad esempio la continua replicazione virale (in particolare del virus B), o la continua assunzione di alcolici, sia associato ad un maggiore rischio di sviluppare l’epatocarcinoma.
Cancro del fegato: I tumori maligni si possono formare sul tessuto cicatriziale e il fegato non riesce più a svolgere le sue funzioni normali.
SINTOMI:
Il tumore del fegato è stato anche chiamato tumore silenzioso perché, soprattutto nelle fasi iniziali, non dà alcun segno di sé. Quando la malattia si diffonde, però, iniziano a comparire i sintomi come dolore alla parte superiore dell'addome, che si può irradiare anche alla schiena e alle spalle, ingrossamento del ventre, perdita di peso e di appetito, nausea, vomito, sensazione di sazietà, stanchezza, ittero (ovvero il colore giallo della pelle), colorazione scura delle urine e febbre.
FASI DI PROGRESSIONE DEL TUMORE DEL FEGATO:
Fibrosi: L’infiammazione del tessuto epatico, sia essa da virus, alcol o malattie metaboliche, porta alla formazione di cicatrici da lievi a moderate, finché il tessuto cicatriziale sostituisce il tessuto sano.
Cirrosi: Cicatrici gravi compromettono la funzionalità del fegato poiché il danno si presenta in modo più veloce di quanto possa fare il fegato per guarire. La cirrosi è la causa principale del tumore primario del fegato. L’HCC, in oltre il 90% dei casi, è associato alla cirrosi epatica che rappresenta il più importante fattore di rischio per il suo sviluppo. E’ noto inoltre come il perpetuarsi del danno originario, ad esempio la continua replicazione virale (in particolare del virus B), o la continua assunzione di alcolici, sia associato ad un maggiore rischio di sviluppare l’epatocarcinoma.
Cancro del fegato: I tumori maligni si possono formare sul tessuto cicatriziale e il fegato non riesce più a svolgere le sue funzioni normali.
SINTOMI:
Il tumore del fegato è stato anche chiamato tumore silenzioso perché, soprattutto nelle fasi iniziali, non dà alcun segno di sé. Quando la malattia si diffonde, però, iniziano a comparire i sintomi come dolore alla parte superiore dell'addome, che si può irradiare anche alla schiena e alle spalle, ingrossamento del ventre, perdita di peso e di appetito, nausea, vomito, sensazione di sazietà, stanchezza, ittero (ovvero il colore giallo della pelle), colorazione scura delle urine e febbre.
Esami
PREVENZIONE SECONDARIA: LA SORVEGLIANZA
Pur consentendo una diagnosi precoce, non è dimostrato con certezza che i programmi di screening del tumore del fegato nelle persone a rischio migliorino la sopravvivenza. I pazienti ad alto rischio (cirrosi epatica, infezione cronica da HBV o HCV) sono frequentemente sottoposti ad ecografie del fegato periodiche (semestrali). Il dosaggio periodico del marcatore tumorale alfa-fetoproteina non aggiunge nulla alla sorveglianza ecografica. Al momento, la riduzione della mortalità è correlata alle misure di controllo della trasmissione dell’infezione virale, attraverso l’impiego del vaccino per l’HBV e le misure preventive per l’HCV (che comprendono le analisi del sangue e degli emoderivati, degli organi e tessuti donati e misure di controllo durante tutte le procedure mediche, chirurgiche e odontoiatriche), insieme alla terapia dell’infezione da HBV o HCV laddove essa sia presente.
PREVENZIONE SECONDARIA: LA SORVEGLIANZA
Pur consentendo una diagnosi precoce, non è dimostrato con certezza che i programmi di screening del tumore del fegato nelle persone a rischio migliorino la sopravvivenza. I pazienti ad alto rischio (cirrosi epatica, infezione cronica da HBV o HCV) sono frequentemente sottoposti ad ecografie del fegato periodiche (semestrali). Il dosaggio periodico del marcatore tumorale alfa-fetoproteina non aggiunge nulla alla sorveglianza ecografica. Al momento, la riduzione della mortalità è correlata alle misure di controllo della trasmissione dell’infezione virale, attraverso l’impiego del vaccino per l’HBV e le misure preventive per l’HCV (che comprendono le analisi del sangue e degli emoderivati, degli organi e tessuti donati e misure di controllo durante tutte le procedure mediche, chirurgiche e odontoiatriche), insieme alla terapia dell’infezione da HBV o HCV laddove essa sia presente.
Terapia
LE PRINCIPALI TERAPIE DEL TUMORE DEL FEGATO:
Come si affronta
I pazienti allo stadio iniziale possono essere sottoposti ad asportazione chirurgica delle cellule tumorali e, solo in casi molto selezionati, a trapianto di fegato. Nei pazienti con tumori di piccole dimensioni ma che presentano controindicazioni alla chirurgia possono essere eseguiti trattamenti ablativi (cioè di distruzione) locali, ad esempio con radiofrequenza. Negli stadi intermedi è indicata la chemioembolizzazione per via arteriosa o il trattamento medico con il farmaco sorafenib, in caso di controindicazione o mancata risposta alla chemioembolizzazione. La terapia medica con sorafenib è indicata anche negli epatocarcinomi in stadio avanzato (con metastasi e/o invasione della vena porta). La chemioterapia non è efficace nell’epatocarcinoma ed è controindicata nei pazienti con cirrosi epatica per il rischio di scompenso.
Trattamento chirurgico
È indicato quando il tumore è localizzato e non si è esteso al di fuori del fegato e può comprendere il trapianto o la resezione (asportazione di una o più parti del fegato in cui è localizzato il tumore). Il trapianto è il trattamento ottimale del paziente con epatocarcinoma perché cura anche la cirrosi epatica, ma riguarda solo una minoranza di malati (circa 300 l'anno in Italia). Data la carenza di donatori e la complessità dell’intervento, è stato necessario stabilire dei criteri per l’accesso alla lista dei trapianti. Poiché i pazienti possono rimanere in lista per tempi lunghi in attesa del trapianto è possibile effettuare trattamenti locali (resezione chirurgica, ablazione, chemioembolizzazione). Se si seguono tutti i criteri, il rischio di recidiva dopo trapianto è limitato al 2-5% e la sopravvivenza a 5 anni può raggiungere l’80%.
Esiste infine la possibilità di donare una porzione del fegato da parte di membri della stessa famiglia, ma l’operazione comporta rischi, seppur piccoli, anche per il donatore sano. La resezione del fegato cirrotico è limitata ai pazienti con una buona funzione epatica, che possono tollerare l'asportazione di una parte del fegato. Nei rari pazienti con epatocarcinoma che non sono affetti da cirrosi epatica è possibile eseguire resezioni epatiche più estese.
Termoablazione a radiofrequenza
Nei casi di tumori piccoli nei quali sono controindicati la resezione o il trapianto è possibile distruggere il tumore inserendo un ago al suo interno e determinarne la necrosi con energia elettromagnetica, generalmente radiofrequenza o microonde. La termoablazione a radiofrequenza consiste in una distruzione mirata del tessuto neoplastico. È possibile raggiungere questo obiettivo inserendo per via percutanea, sotto guida ecografica, la punta di un ago-elettrodo all’interno del tumore. Quando viene attivato il generatore a radiofrequenza connesso all’ago-elettrodo, attorno alla sua punta si crea un campo elettromagnetico che, facendo oscillare le molecole di acqua contenute nel tessuto, determina la creazione di calore. Si crea pertanto una “sfera di calore” attorno alla punta dell’ago-elettrodo che determina la morte del tessuto neoplastico..
Chemioembolizzazione (TACE, transcatheter arterial chemoembolization)
E’ una strategia terapeutica che prevede l’uso combinato della chemioterapia direttamente nel nodulo/noduli tumorali attraverso un catetere vascolare arterioso associata all'introduzione di sostanze embolizzanti, che provocano la chiusura dei vasi che nutrono il tumore. È un trattamento indicato per i pazienti con epatocarcinomi localizzati al fegato, ma che non possono essere sottoposti a trattamenti chirurgici o ablativi.
Una variante della chemioembolizzazione è la radioembolizzazione che consiste nella somministrazione endoarteriosa di microsfere radioattive. Tuttavia, i dati attualmente disponibili non sono sufficienti per considerarla un trattamento standard.
Terapie biologiche
Negli stadi avanzati dell'epatocarcinoma, caratterizzati dalla presenza di invasione tumorale della vena porta e/o da metastasi in altri organi, i pazienti con una buona funzionalità epatica possono essere sottoposti a terapia con un farmaco a bersaglio molecolare, il sorafenib, che ha dimostrato di migliorarne la sopravvivenza. Il farmaco presenta effetti collaterali (soprattutto una forma di dermatite delle mani e dei piedi e diarrea) che raramente impediscono la terapia, ma che in alcuni casi richiedono la riduzione del dosaggio o brevi periodi di sospensione.
Immuno-oncologia
Il sistema immunitario può essere stimolato dall’esterno a reagire con maggior forza contro malattie gravi, come i tumori. Questa nuova frontiera della medicina prende il nome di immuno-oncologia e rappresenta un nuovo strumento terapeutico che si affianca ad altre armi classiche, impiegate finora nella lotta contro il cancro: chirurgia, chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche. Queste ultime, dette anche terapie a bersaglio molecolare, sono arrivate in un secondo momento e concettualmente sono sempre farmaci che agiscono contro le cellule tumorali. L’immuno-oncologia, invece, rappresenta un approccio totalmente diverso e ha alla base proprio il concetto di combattere la malattia grazie alla stimolazione del sistema immunitario.
Promettenti iniziali risultati dell’immuno-oncologia sono stati osservati con anticorpi monoclonali anti-PD1 come nivolumab in pazienti con tumore del fegato in fase avanzata che non tollerano o in progressione dopo sorafenib.
LE PRINCIPALI TERAPIE DEL TUMORE DEL FEGATO:
Come si affronta
I pazienti allo stadio iniziale possono essere sottoposti ad asportazione chirurgica delle cellule tumorali e, solo in casi molto selezionati, a trapianto di fegato. Nei pazienti con tumori di piccole dimensioni ma che presentano controindicazioni alla chirurgia possono essere eseguiti trattamenti ablativi (cioè di distruzione) locali, ad esempio con radiofrequenza. Negli stadi intermedi è indicata la chemioembolizzazione per via arteriosa o il trattamento medico con il farmaco sorafenib, in caso di controindicazione o mancata risposta alla chemioembolizzazione. La terapia medica con sorafenib è indicata anche negli epatocarcinomi in stadio avanzato (con metastasi e/o invasione della vena porta). La chemioterapia non è efficace nell’epatocarcinoma ed è controindicata nei pazienti con cirrosi epatica per il rischio di scompenso.
Trattamento chirurgico
È indicato quando il tumore è localizzato e non si è esteso al di fuori del fegato e può comprendere il trapianto o la resezione (asportazione di una o più parti del fegato in cui è localizzato il tumore). Il trapianto è il trattamento ottimale del paziente con epatocarcinoma perché cura anche la cirrosi epatica, ma riguarda solo una minoranza di malati (circa 300 l'anno in Italia). Data la carenza di donatori e la complessità dell’intervento, è stato necessario stabilire dei criteri per l’accesso alla lista dei trapianti. Poiché i pazienti possono rimanere in lista per tempi lunghi in attesa del trapianto è possibile effettuare trattamenti locali (resezione chirurgica, ablazione, chemioembolizzazione). Se si seguono tutti i criteri, il rischio di recidiva dopo trapianto è limitato al 2-5% e la sopravvivenza a 5 anni può raggiungere l’80%.
Esiste infine la possibilità di donare una porzione del fegato da parte di membri della stessa famiglia, ma l’operazione comporta rischi, seppur piccoli, anche per il donatore sano. La resezione del fegato cirrotico è limitata ai pazienti con una buona funzione epatica, che possono tollerare l'asportazione di una parte del fegato. Nei rari pazienti con epatocarcinoma che non sono affetti da cirrosi epatica è possibile eseguire resezioni epatiche più estese.
Termoablazione a radiofrequenza
Nei casi di tumori piccoli nei quali sono controindicati la resezione o il trapianto è possibile distruggere il tumore inserendo un ago al suo interno e determinarne la necrosi con energia elettromagnetica, generalmente radiofrequenza o microonde. La termoablazione a radiofrequenza consiste in una distruzione mirata del tessuto neoplastico. È possibile raggiungere questo obiettivo inserendo per via percutanea, sotto guida ecografica, la punta di un ago-elettrodo all’interno del tumore. Quando viene attivato il generatore a radiofrequenza connesso all’ago-elettrodo, attorno alla sua punta si crea un campo elettromagnetico che, facendo oscillare le molecole di acqua contenute nel tessuto, determina la creazione di calore. Si crea pertanto una “sfera di calore” attorno alla punta dell’ago-elettrodo che determina la morte del tessuto neoplastico..
Chemioembolizzazione (TACE, transcatheter arterial chemoembolization)
E’ una strategia terapeutica che prevede l’uso combinato della chemioterapia direttamente nel nodulo/noduli tumorali attraverso un catetere vascolare arterioso associata all'introduzione di sostanze embolizzanti, che provocano la chiusura dei vasi che nutrono il tumore. È un trattamento indicato per i pazienti con epatocarcinomi localizzati al fegato, ma che non possono essere sottoposti a trattamenti chirurgici o ablativi.
Una variante della chemioembolizzazione è la radioembolizzazione che consiste nella somministrazione endoarteriosa di microsfere radioattive. Tuttavia, i dati attualmente disponibili non sono sufficienti per considerarla un trattamento standard.
Terapie biologiche
Negli stadi avanzati dell'epatocarcinoma, caratterizzati dalla presenza di invasione tumorale della vena porta e/o da metastasi in altri organi, i pazienti con una buona funzionalità epatica possono essere sottoposti a terapia con un farmaco a bersaglio molecolare, il sorafenib, che ha dimostrato di migliorarne la sopravvivenza. Il farmaco presenta effetti collaterali (soprattutto una forma di dermatite delle mani e dei piedi e diarrea) che raramente impediscono la terapia, ma che in alcuni casi richiedono la riduzione del dosaggio o brevi periodi di sospensione.
Immuno-oncologia
Il sistema immunitario può essere stimolato dall’esterno a reagire con maggior forza contro malattie gravi, come i tumori. Questa nuova frontiera della medicina prende il nome di immuno-oncologia e rappresenta un nuovo strumento terapeutico che si affianca ad altre armi classiche, impiegate finora nella lotta contro il cancro: chirurgia, chemioterapia, radioterapia e terapie biologiche. Queste ultime, dette anche terapie a bersaglio molecolare, sono arrivate in un secondo momento e concettualmente sono sempre farmaci che agiscono contro le cellule tumorali. L’immuno-oncologia, invece, rappresenta un approccio totalmente diverso e ha alla base proprio il concetto di combattere la malattia grazie alla stimolazione del sistema immunitario.
Promettenti iniziali risultati dell’immuno-oncologia sono stati osservati con anticorpi monoclonali anti-PD1 come nivolumab in pazienti con tumore del fegato in fase avanzata che non tollerano o in progressione dopo sorafenib.
Note
Fonti:
AIOM-AIRTUM I numeri del cancro in Italia 2016
AIOM, Linee Guida Epatocarcinoma, Edizione 2016
Raccomandazoni Multisocietarie Italiane (AISF, AIOM, IT-IHPBA, SIC, SIRM, SITO) per la gestione clinica integrata del paziente con Epatocarcinoma (HCC), Edizione 2016
Ufficio stampa Intermedia
Fonti:
AIOM-AIRTUM I numeri del cancro in Italia 2016
AIOM, Linee Guida Epatocarcinoma, Edizione 2016
Raccomandazoni Multisocietarie Italiane (AISF, AIOM, IT-IHPBA, SIC, SIRM, SITO) per la gestione clinica integrata del paziente con Epatocarcinoma (HCC), Edizione 2016
Ufficio stampa Intermedia